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Le atmosfere festaiole di Ferragosto mi fanno istintivamente andare con la mente ai lontani anni ’60, cioè al periodo in cui ebbe origine in Italia il fenomeno del Boom economico. Il primo a parlarne fu il quotidiano inglese “Daily Mail” il 25 maggio 1959, giorno in cui pubblicò una corrispondenza da Roma sulla crescita dell’economia italiana. Nell’articolo si leggeva: «Il livello di efficienza e prosperità del potenziale produttivo dell’Italia costituisce uno dei miracoli economici del continente europeo». Grazie anche agli aiuti del piano Marshall, quel giorno veniva così ufficialmente sancita e proclamata una svolta nella storia del nostro paese: dopo la fase della ricostruzione postbellica [1946–48] e il decennio dell’accumulazione di capitale [1948-58] gli italiani conoscevano il benessere, la forza delle esportazioni, il fiorire della piccola impresa, le trasmigrazioni dal sud al nord e l’approdo al neocapitalismo. Si trattava appunto del boom, dal lessico inglese della Borsa, detto anche più familiarmente «il miracolo economico». Perché in un paese stremato dalla seconda guerra mondiale facevano ritorno modernità e ricchezza; esso durò fino al 1963.

La svolta veniva percepita e commentata anche su tutta la stampa italiana, in concomitanza con la favorevole relazione del governatore Domenico Menichella alla assemblea annuale della Banca d’Italia e di un piano di Vittorio Valletta, il numero uno della Fiat, per la formazione nelle aree del sud di operai specializzati da inserire nelle fabbriche del nord. L’Espresso parlerà in seguito di «grande balzo in avanti», grazie ai programmi di investimento di potenti gruppi industriali: Fiat, Eni, Olivetti, Pirelli, Falck, Italsider, Snia, Montecatini, Edison, Borletti… Cifre impressionanti: dal 1955 al 1958 il reddito nazionale era aumentato in media del 7,5 per cento all’anno, l’industria privata marciava al ritmo del 6,8 per cento, i titoli di Stato rendevano attorno al 5,5 per cento. Ma ciò che più contava, il vero significato del boom, anche a confronto con le drammatiche ristrettezze dell’attuale crisi, era la ricaduta positiva sui consumi privati: nel quadriennio del miracolo, vale a dire dal 1959 al 1963, le famiglie in possesso di un frigorifero passarono dal 13 al 55 per cento, quelle provviste di apparecchi televisivi dal 12 al 49 per cento. L’Italia del «miracolo» è fatta di operai che si costruiscono la casa con le proprie mani ma anche si comprano la Seicento o la Cinquecento firmando cambiali, diventando protagonisti di una esplosiva motorizzazione. Si triplica il numero di automobili in circolazione: da 1.400.000 nel 1958 a 4.000.000 nel 1963. Perciò si passa da un’auto ogni 24 italiani ad una ogni 11. Iniziano le prime ferie di Ferragosto e le prime code in autostrada per un posto al mare o per ritornare al sud dai parenti. È una grande icona del boom anche Adriano Celentano, che dopo gli inizi in sordina con “Ciao ti dirò” [1957], ancora nella scia di Elvis Presley, esplode al Festival rock di Ancona e domina le classifiche con “Il tuo bacio è come un rock”. Né si può dimenticare che il 1959 è anche l’anno della mitica ‘Canzonissima’ condotta dall’insuperabile terzetto Scala, Manfredi, Panelli. E’ l’anno del primo ‘Zecchino d’oro’, il festival canoro per bambini inventato dal Mago Zurlì alias Cino Tortorella ed è anche l’anno del 45 giri edito da Ricordi [Una fetta di limone, Birra, Ehi! Stella, Teddy girl…] che segna l’esordio nel mondo del Cabaret e della canzone della coppia formata da Giorgio Gaber ed Enzo Jannacci.

Gianni Milanese
Sono nato a Mogliano Veneto nel 1946. Dopo una lunga carriera militare mi sono dedicato alla libera professione come Consulente di Direzione ed Organizzazione, attività che ancora oggi svolgo con grande passione nell’ambito dello Studio Milanese®. Scrivere rappresenta per me un hobby come il Nordic Walking, la Barca a vela, la musica Jazz e l’impegno nel Volontariato. Ho scritto alcuni racconti lunghi e numerose poesie. Ma, fondamentalmente, quando mi metto alla tastiera lo faccio per me stesso e per chi sa ancora accendere la miccia dei sentimenti cioè per coloro che soffrono o gioiscono e che, come me, nello scrivere vivono una seconda vita. In tale ottica la mia scrittura non può essere giudicata come scontata, perché l’esistenza non lo è mai. Secondo me un racconto per toccare le corde deve essere dolceamaro come appunto lo è la vita. Dal 2021 collaboro con il mensile di attualità, cultura e società L’ECO di Mogliano e con altri periodici [Trevisani nel Mondo, D&V…]. Vivo e lavoro a Villorba, ridente cittadina a nord di Treviso, nel comprensorio del Parco naturalistico del fiume Storga.

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