Esercizio di memoria: ricordate le estati del Covid?

Tutti a invocare un turismo diverso, basta spiagge come allevamenti intensivi, basta ristoranti mangiatoie e soprattutto basta con le ferie concentrate, basta con i riti dionisiaci di Ferragosto. Diluiamo, facciamo come i nordici, ferie spalmate in tutta l’estate. “Nulla sarà come prima”, “Andrà tutto bene” da perfetti illusi (e illusionisti) ci siamo caduti e invece ora ci ritroviamo con gli stessi problemi di prima. Anzi peggiorati, con spiagge più affollate e strade più intasate.

Inoltre, il gran caldo ha trasformato questo periodo in un vero e proprio esodo verso le località di villeggiatura. Con una piccola grande novità.

Le calche stavolta hanno interessato anche le nostre Dolomiti dove si parla apertamente di invasione, di troppa pressione su un ambiente già fragile di suo. Le immagini di sentieri dove vedi una fila di arrampicatori (eleganti però) dirigersi verso qualche gremito rifugio sono apparsi in tutti i Tg. Un esempio, la riapertura dei Serrai di Sottoguda è subissata di prenotazioni per tutta la stagione fino ad ottobre, scordatevela.

Cominciamo quindi a fare qualche osservazione. In salita.

Il turismo in montagna incarna meglio l’ideale del selfie. Ritrarsi sulla cima, sorridere con lo sfondo del rifugio Locatelli è più gratificante dei selfie con il bagnino di Ca’ Savio. Se poi è un laghetto meglio ancora, il blu Sorapis, non ha mai avuto tanti estasiati visitatori (e selfisti) come quest’anno.

Gli escursionisti veri tremano nel vedere la fila degli entusiasti senza zaino, luminosi con una bella canottiera (o top) senza ricambio e ai piedi belle scarpette anch’esse molto colorate e inadatte, con una bella suola bianca, alta e… liscia.

Dire che questa improvvisazione può costare cara è scontato, però i numeri non fanno sconti. In agosto le missioni dell’elisoccorso sono decuplicate, mentre scriviamo il record lo detiene l’11 agosto in cui ben quattro elicotteri erano impegnati contemporaneamente nei soccorsi.

Raccogliamo sempre le lamentele degli storici frequentatori delle cime. “Un’altra cosa sono le spazzature. Se va bene sono fazzolettini ma troviamo di tutto, bottiglie di plastica, confezioni di snack e poi, questo è incredibile, bei sacchettini ripiegati con le cacche dei cani!”.

Difficile dar loro torto ma ormai c’è un fenomeno acquisito: è cambiato il ruolo del rifugio. Non è più il tempio laico dell’alpinismo ma è un ristorantone con piatti tipici e birra alla spina.

Un luogo dove si consuma molto e, scusate, dove si va molto in bagno. Pensate che, come afferma un gestore, si è passati da 15.000 litri di acqua al giorno ai 45.000 di agosto. In poche parole, il rifugio un tempo era il punto di partenza per le impegnative salite adesso è il punto di arrivo per impegnative libagioni.

Troppe lamentele? Sì, forse sì, è il turismo bellezza, è il turismo di massa, è l’over turismo, è il 15% del PIL, è una necessità dell’economia, in primis veneta, e quindi sarà così anche per i nostri monti pallidi, le Dolomiti.

Se ne riparlerà il prossimo agosto. Oppure c’è qualche altra idea? Per esempio si potrebbe…

Otello Bison
Otello Bison scrive a tempo pieno dividendosi tra narrativa e divulgazione storica. Collabora al “ILDIARIOONLINE.IT” su temi ambientali e locali.

1 COMMENT

  1. Over tourism è l’etichetta di moda adesso. Di moda soprattutto tra quelli che fino all’anno scorso inneggiavano alla promozione (il Veneto è stato tra i primi a regionalizzare la promozione turistica: sbaglio?). E vale per la montagna, le città, le spiagge… Nella mia breve vacanza ciclistica ho spesso faticato a dormire: ogni spiaggia ed ogni campeggio esplodevano di disk jokey, animazione, piscine con musica pompata (no dico: PISCINE IN SALENTO!!!!).
    Ora però hanno trovato la soluzione: basta fare il glamping: la stessa ciofeca ma a prezzi decuplicati; ci mettono un “esperienziale” davanti (che in genere significa mangiare in un agriturismo 5 stelle o fare assaggi in una cantina locale) ed il gioco è fatto

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