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A seguito dei ripetuti e frequenti eventi meteorologici estremi, il tempo ha finito per assumere nel dibattito politico e nella comunicazione mediatica una riduttiva connotazione meteorologica e climatica. Ovviamente non pretendo che il tempo debba essere visto solo nella sua dimensione filosofica, ma nemmeno che diventi, secondo un’accezione meteorologica e climatica surreale, una specie di fenomeno alieno che turba l’esistenza pacifica delle persone. La conseguente narrazione politica e mediatica mainstream ha finito, infatti, per affibbiare l’avverbio “mal” all’aura neutra del “tempo”, che è diventato così “maltempo”: un accidentale e malefico capro espiatorio degli effetti dei cambiamenti climatici.

Il “(mal)tempo”, una volta colpevolizzato in modo irrazionale e semplicistico, finisce così per essere visto come una forza esogena, esterna a coloro che hanno avuto da decenni il potere e il mandato politico per governare e mitigare le cause e gli effetti dei cambiamenti climatici.

E’ di questi giorni la notizia che i piloni della cabinovia Mortisa-Socrepes, infrastruttura promossa da aziende private in vista delle Olimpiadi Invernali di Cortina 2026, verrebbero piantati su un’area interessata da fenomeni franosi e classificata dagli uffici tecnici della regione Veneto come area con pericolosità geologica media (P2) e adiacente ad aree a pericolosità geologica elevata (P3).

Ricordiamocelo una buona volta: è qui, con progetti simili che entrano nella carne viva della natura, che comincia l’iter del dissesto idrogeologico e non nel momento in cui frana tutto a valle. Ma come si possono raccontare gli effetti del cosiddetto “(mal)tempo” prescindendo dall’enorme “dissonanza cognitiva” di cui sono vittima coloro che devono operare le scelte di politica economica e ambientale e che dovrebbero lavorare alla prevenzione delle calamità naturali rinunciando a investire sulla loro potenziale proliferazione?

In Veneto si continuano a creare le condizioni perché il cosiddetto “(mal)tempo” possa manifestarsi in modo violento, salvo poi chiedere, in nome di un’autonomia per niente differenziata, l’intervento dello Stato per i danni provocati dalle cosiddette calamità naturali. In Italia sono 7 miliardi in 20 anni gli stanziamenti ministeriali (Stato) per gli interventi più urgenti post calamità naturali (dati Ispra a novembre 2020).

In nome della “resilienza”, un termine incastrato in una impropria simbiosi ecologica e semantica con il termine “ripresa” (PNRR), urge una seria e rigorosa agenda pluriennale di impegni con l’indicazione di priorità ambientali ed economico-finanziarie. Non si possono mettere in cima a tale agenda i 13,5 miliardi (costo iniziale destinato a raddoppiare in corso d’opera) del ponte sullo stretto, quando, ad oggi, per percorrere in treno i 313 chilometri da Catania a Trapani si impiegano 14 ore, o quando, in quella regione si perde il 51,6% dell’acqua immessa negli acquedotti.

Priorità ambientali ed economico-finanziarie significano partire dai 26 miliardi necessari per mettere in sicurezza il territorio nazionale e dal finanziamento per il completamento della Carta Geologica d’Italia, alla scala 1:50.000, sollecitato da Ispra a novembre 2022 che a tale data copriva solo il 55% del territorio nazionale, e che vedeva il Veneto mappato solo per il 20% della sua superficie.

Frane, alluvioni, erosioni, allagamenti, tutti fenomeni che nel tempo si manifestano a seguito, quasi sempre, di nuove infrastrutture, opere pubbliche, cementificazione e che ingoiano decine di miliardi che vengono sottratti al lavoro di conoscenza dello stato geologico  dell’ambiente (completamento della carta geologica), alla  prevenzione del dissesto idrogeologico, alla manutenzione delle migliaia di infrastrutture già presenti sul territorio.

Ma veramente i politici, che con la divisa della Protezione Civile sorvolano a favore di telecamera i luoghi colpiti dalle “calamità innaturali”, possono eticamente tirarsi fuori da responsabilità dirette o indirette e far passare un messaggio fuorviante del tipo: “io non c’entro nulla con gli effetti del (mal)tempo”?

Dante Schiavon
Laureato in Pedagogia. Ambientalista. Associato a SEQUS, (Sostenibilità, Equità, Solidarietà), un movimento politico, ecologista, culturale che si propone di superare l’incapacità della “classe partitica” di accettare il senso del “limite” nello sfruttamento delle risorse della terra e ritiene deleterio per il pianeta l’abbraccio mortale del mito della “crescita illimitata” che sta portando con se nuove e crescenti ingiustizie sociali e il superamento dei “confini planetari” per la sopravvivenza della terra. Preoccupato per la perdita irreversibile della risorsa delle risorse, il “suolo”, sede di importanti reazioni “bio-geo-chimiche che rendono possibili “essenziali cicli vitali” per la vita sulla terra, conduce da anni una battaglia solitaria invocando una “lotta ambientalista” che fermi il consumo di suolo in Veneto, la regione con la maggiore superficie di edifici rispetto al numero di abitanti: 147 m2/ab (Ispra 2022),

2 COMMENTS

  1. L’importante è sempre e solo disporre di una nuova emergenza da mungere: ed in questo le nostre classi dirigenti (uso il plurale perché addossare tutte le colpe solo alla politica – ovviamente quella precedente! – è un comodo scarica barile) non si possono che definire “lungimiranti”. Sempre pronte a preparare le prossime in nome del progresso!

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