Quasi settant’anni fa il mondo scopriva stupito il capolavoro assoluto della Citroën, una automobile talmente innovativa da far invecchiare di colpo tutte le altre.

Se ogni nuovo modello di automobile rappresenta una tappa nell’evoluzione tecnica, stilistica e di conseguenza del costume, solo pochi sono diventati veri miti del mondo moderno, icone riconoscibili anche da chi non è appassionato di auto. Tra questi un posto di primo piano spetta alla Citroën DS che al suo apparire diede un taglio netto al passato, anticipando di anni soluzioni tecniche e forme del design automobilistico. Quando nel 6 ottobre del 1955 nel salone centrale del Grand Palais di Parigi su una piattaforma girevole venne svelata la nuova vettura della Citroën, lo sconcerto sarebbe stato minore se un’astronave aliena fosse improvvisamente atterrata sulla capitale francese. L’effetto fu tale che già nel primo giorno di apertura del Salone dell’Automobile parigino vennero raccolti ben 12.000 ordini di acquisto e un intellettuale come Roland Barthes, accademico di Francia, le dedicò un capitolo del suo Mythologies. Il nome della nuova vettura era DS 19, che in francese suona come “déesse” cioé “dea” ma è anche una sigla che sta per Désirée Spéciale mentre 19 è relativo alla potenza fiscale in Francia.

Ma facciamo un passo indietro e ricostruiamo la genesi di questa meravigliosa automobile. Dopo l’acquisizione della Citroën da parte della Michelin e la scomparsa del fondatore (1934), il nuovo capo dell’azienda Pierre Boulanger alla fine degli anni Trenta aveva iniziato a pensare a una evoluzione del modello 11 Traction Avant, vettura di punta del marchio che stava ottenendo un grande successo di vendita e che sarebbe rimasta nei listini fino al 1957. Era stato così impostato il progetto VGD (Vehicule à Grande Diffusion) che inizialmente doveva consistere solo in un ammodernamento in chiave aerodinamica della 11. Il formidabile team di lavoro in casa Citroën era formato dai due padri della Traction Avant, cioè André Lefèbvre (progettista) e l’italiano Flaminio Bertoni (designer), da Paul Magès e da un altro italiano trapiantato in Francia, Walter Becchia valente progettista di motori. Passata la lunga parentesi bellica, il progetto fu rivisto radicalmente e Bertoni iniziò a disegnare un corpo vettura completamente nuovo che nulla aveva più a che vedere con le linee anteguerra della Traction Avant. Il designer italiano, al quale dobbiamo anche la 2CV, superò sé stesso realizzando una forma flessuosa e aerodinamica completamente avulsa dalle tendenze del momento. Le altre Case europee erano infatti ancora legate a stilemi anteguerra con i parafanghi che spuntavano dalla carrozzeria (tipo Volkswagen) o a tre volumi tondeggianti (tipo Alfa Romeo 1900) mentre in America si insisteva con le cromature e cominciavano a spuntare le pinne che avrebbero caratterizzato gli anni Sessanta. L’effetto dirompente della DS 19 era dato dall’unione di una linea bassa e larga (a “ferro da stiro” o a “pantofola”, secondo alcune definizioni) ad alto coefficiente aerodinamico con una impressionante serie di novità tecniche concentrate per la prima volta in una sola vettura. Vediamole: carrozzeria costruita in pannelli in lega leggera facilmente smontabili dalla scocca in acciaio, tetto di materiale plastico, grande superficie vetrata (2,25 mq), parafanghi posteriori carenati, grande bagagliaio di circa 500 dmc, sistemi idraulici per i vari comandi automatici (servosterzo, servofreno, frizione automatica), freni a disco anteriori, trazione anteriore e soprattutto sospensioni idropneumatiche indipendenti con controllo automatico dell’assetto, che resteranno la caratteristica fondamentale della successiva produzione Citroën. Progettate da Paul Magès queste sospensioni erano sostenute da azoto gassoso sotto pressione all’interno di una sfera posta sopra un cilindro contenente olio e funzionavano in modo tale che la vettura sembrava viaggiare su un tappeto d’aria, che assorbiva tutte le asperità del terreno garantendo un comfort ineguagliabile. Nelle situazioni di parcheggio la vettura era molto bassa (9 cm. da terra) mentre in moto si rialzava automaticamente fino a 16 cm e poteva essere portata fino a 28 cm. La tenuta di strada restava eccellente in qualsiasi situazione di fondo stradale e grazie alle sospensioni “intelligenti” la DS poteva tranquillamente procedere anche solo su tre ruote. Un’altra particolarità fu quella di avere la carreggiata posteriore ridotta di 20 centimetri rispetto a quella anteriore che invece doveva sopportare il peso degli organi meccanici, cioè, gruppo motore, frizione e cambio posizionati in blocco sull’avantreno. E la nuova vettura era avveniristica anche negli interni visto che Bertoni ideò una plancia di comando capolavoro di design nella quale spiccava, altra novità assoluta, il volante monorazza. Insomma, un’automobile del futuro apparsa improvvisamente negli anni Cinquanta. L’unico elemento rimasto forse inadeguato era il motore visto che, per contenere i costi, si rinunciò al 6 cilindri boxer progettato da Becchia per ripiegare sul collaudato 4 cilindri della 11 Traction Avant di 1.911 cc da 75 CV, pochi per una vettura così rivoluzionaria. In Italia al momento del lancio la DS 19 costava 2.300.000 lire (circa 41.500 euro) e per questo nel 1957 ne venne proposta una versione più economica denominata ID.

La carriera di questa automobile è stata straordinaria: costruita in quasi un milione e mezzo di esemplari fino al 1975, ha subito un’evoluzione continua beneficiando di ogni possibile ritrovato tecnologico come i famosi doppi fari anteriori orientabili con il movimento dello sterzo (1968) o l’iniezione elettronica (1970), diversi aumenti di cilindrata (fino a 2.300 cc.) oltre ad un continuo affinamento aerodinamico. Restano famose, inoltre, le eleganti e rare versioni cabriolet disegnate dal carrozziere francese Henri Chapron. E pur con i suoi quasi cinque metri di lunghezza, la “dea” si è fatta notare anche nello sport e in particolare nei rally dove ha colto numerose vittorie tra cui quella prestigiosa al Rally di Montecarlo del 1966, pur se agevolata dalla squalifica per fari irregolari della Mini Cooper che aveva dominato la gara.

Una menzione particolare infine merita il suo ruolo come automobile di rappresentanza. Poco dopo il suo terzo insediamento alla Presidenza della Repubblica nel 1959 Charles De Gaulle pretese che il parco auto dell’Eliseo venisse rinnovato e scelse naturalmente la nuova Citroën che ben incarnava la grandeur francese. Di conseguenza ogni apparizione pubblica di ministri, deputati e funzionari era accompagnato da uno stuolo di nere DS che divennero da quel momento il simbolo della presenza dello Stato. Nell’agosto del 1962, mentre il Presidente stava ritornando da Parigi nella sua residenza di Villacoublay, dei terroristi dell’OAS aprirono il fuoco contro la vettura presidenziale colpendo due pneumatici (uno anteriore, l’altro posteriore). L’abilità dell’autista che diede tutto gas ma soprattutto le eccezionali doti stradali della DS consentirono al Presidente di mettersi in salvo. In fondo possiamo ben dire che in quella occasione la Francia si salvò grazie alla protezione della sua “dea”.

Renzo De Zottis
Renzo De Zottis é nato a Treviso il 9 settembre 1954 e da qualche anno ha lasciato l'insegnamento nella scuola media. Collabora da lungo tempo con svariati mensili occupandosi prevalentemente di argomenti di carattere storico. Ha inoltre al suo attivo diversi servizi fotografici per le maggiori testate nazionali di automobilismo storico ed é stato addetto stampa in diverse manifestazioni internazionali del settore. Fa parte del direttivo dell'Unitre Mogliano Veneto e da almeno un ventennio svolge conferenze per questa associazione e per l'Alliance Française di Treviso.

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