Siamo a conclusione di un’estate, per molti di vacanza. Una pausa anche dall’impegno defatigante della quotidianità. Dunque lo stillicidio che, ritornati a casa, ci impongono i media ed i social di questo periodo, risultano ancor più nauseanti: ci sbattono davanti una realtà che vorremmo tanto abbandonare. Insopportabili gli scandaletti governativi, le prossime grane legate a far quadrare il prossimo bilancio statale, se non basta quello familiare, i femminicidi, i figli minorenni impazziti, il condimento rosso di guerre irrisolte.

I commenti all’operetta che ha per coprotagonista l’ex ministro Sangiuliano magari serviranno ad allentare la pressione sulla gente, attraverso il discutibile sfogatoio dei social. Evito da queste colonne di prendere posizione: la vicenda, un concentrato di arrivismo e di dabbenaggine, merita un’uscita di sicurezza.

Per associazione di idee mi è venuta in mente, non so perché, una gustosa favoletta del celebre aforista polacco Gabriel Laub. Ve ne propongo una versione che ho incluso nel mio ultimo romanzo Il mite caprone rosso e si intitola L’ippopotamo innamorato.

In gioco ci sono i sentimenti, specie quello dell’amore e la goffaggine. Ai lettori suggerisco di cogliere le analogie. L’ambientazione è quella di una giungla che assomiglia alla nostra società. La novella parla dell’incomunicabilità e dell’amore impossibile tra due creature: un ippopotamo potente ma ingenuo e una scimmietta furbastra. Questa novella ha una conclusione toccante, per il povero ippopotamo. Qui le analogie si fanno più rade con quanto accaduto in questi giorni, perché le parti si invertono.

È il potente, nel caso pure fedifrago, a scaricare l’ambiziosa scimmietta (mi si scusi il paragone artistico), ma noi sappiamo che la realtà è più creativa della fantasia di uno scrittore.

L’ippopotamo, dentro la sua mole granitica, nasconde un cuore palpitante. S’innamora di una scimmietta civettuola. Dalla sua pozzanghera la osserva rapito e timido, finché un giorno non decide, in qualche modo, di farglielo capire. Sulle prime la scimmietta lo snobba: l’ippopotamo, con le sue forme e i grandi occhi sporgenti, non è proprio una bellezza e la smorfiosetta con le amiche scimmie si prende gioco di lui. Ma in amore conta la costanza.

La scimmietta comincia a considerare che essere amata da un bestione del genere non è cosa da poco. Inizia a fare qualche approccio per intraprendere la relazione. Dal suo albero gli racconta di un meraviglioso party che si terrà da lì a poco nella piantagione di banane, gli magnifica abiti tessuti con piume di pavone. Tutte cose che al povero ippopotamo non interessano per nulla: ma la ascolta per amore.

Finisce che il bestione, col proprio mutismo, annoia la scimmietta. E non può neppure pensare di farle posare la zampetta all’altezza del suo grosso cuore, come desidererebbe tanto, farle sentire i battiti: la pelle così spessa non lascia filtrare i sentimenti.

Un bel giorno la scimmietta si lascia prendere per la collottola da un babbuino, che se la porta in un posticino appartato su una palma. Il povero ippopotamo pensa addirittura al suicidio, ma la sua natura anfibia non gli consente di annegarsi, né la sua mole di impiccarsi a una liana. Salire su un albero e poi gettarsi giù è altrettanto impossibile.

Per propria natura un ippopotamo infelice non lascia trasparire alcuna diversità d’animo rispetto a un ippopotamo felice. Mentre lui muore dentro, le scimmie lo giudicano per l’apparenza: «Che tipo, quell’ippopotamo: è un pachiderma insensibile!».

Il nostro ex ministro invece, che non è un grosso ippopotamo dalla pelle impenetrabile, sa piangere in diretta televisiva nazionale, e anche cospargersi il capo di cenere, per ribadire che l’amore coltivato nel proprio focolare domestico è il più sacro dei sentimenti.

Dio, patria, famiglia non sono in discussione, ci mancherebbe.

Ne pagherebbe pegno l’immagine di tutto il suo clan politico. Così si fa carico della verità scomoda: soprattutto dopo che la scappatella viene sbandierata dalle solite scimmiette illuse di condividere un pezzetto di potere. Perso per perso…

Roberto Masiero
Roberto Masiero è nato da genitori veneti e cresciuto a Bolzano, in anni in cui era forte la tensione tra popolazioni di diversa estrazione linguistica. Risiede nel trevigiano e nel corso della sua vita ha coltivato una vera avversione per ogni forma di pregiudizio. Tra le sue principali pubblicazioni: la raccolta di racconti Una notte di niente, i romanzi Mistero animato, La strana distanza dei nostri abbracci, L’illusione che non basta, Dragan l’imperdonabile e Il mite caprone rosso. Vita breve di norbert c.kaser.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here