Rovesciamo il verso di Brecht e purtroppo rovesciamo quanto dicono i ragazzi del Rivolta. Sì, invece abbiamo bisogno di persone meravigliose come Giacomo.
Sono reduce dalla incredibile manifestazione di ieri sera a Mestre. Diecimila o forse il doppio di persone a riempire piazza Ferretto per ricordare, che parola stupida, Jack e quello che ha fatto, che ha subito, che ha dimostrato.
Cerchiamo di controllare i troppi sentimenti mentre i ragazzi del Rivolta sfilano e circondano il camion con il microfono.
La manifestazione parte alle cinque dalla stazione e prosegue verso Corso del Popolo dove Jack è stato ucciso da una coltellata assurda.
Contro l’assassino, un disperato pieno di alcol che attaccava donne indifese, si sono precipitati Giacomo e Sebastiano che hanno cercato di fermarlo e che… beh lo sapete, non facciamo il giornaletto di cronaca.
La manifestazione è impressionante, quasi fosse un caleidoscopio di età, una volta tanto le pantere grigie non sono la maggioranza, gruppi di bangla con i loro cartelli, i ragazzi del centro sociale davanti.
L’intensità emotiva è forte, più degli slogan, si oscilla dalla commozione per la morte di Giacomo alla rivendicazione di una città giusta e solidale. Parole, parole mentre sfiliamo davanti a palazzoni, negozietti etnici incerti, a sguardi vitrei davanti a locali semibui.
Eppure è proprio a questi invisibili, a questi sconfitti che si rivolge il corteo.
Jack, Giacomo, è morto colpito da una di queste anime perse, senza identità e senza futuro, proprio uno di quelli che hanno, avrebbero, bisogno di aiuto concreto, di un’assistenza ma soprattutto di un lavoro. Lavoro, dignità, solidarietà invece si respira un razzismo da bar sport, uno spaccio capillare, una risposta solo militare al disagio, alla tristezza.
Arriviamo a piazza Ferretto sulle sei e mezza, in pratica riempiendola, poche bandiere checché ne dica il sindaco, mio concittadino moglianese tra parentesi, e qui avviene una cosa che al principio scompiglia poi diventa affascinante.
La musica.
Mi rendo conto che mentre dal camion si parla, si arringa come si diceva una volta, l’atmosfera e il cielo si riempiono di sferzanti note che vibrano insieme alle parole, al ballo dei ragazzi che ridono e poi piangono.
Solo in questo momento capisco, capiamo tutti, che un figlio è morto e che noi non chiediamo vendetta ma chiediamo che ci sia una città più… già più cosa? Le parole inclusiva, accogliente, giusta ci sembrano così gonfie, irrealizzabili. Momento di pessimismo.
Riprendo il controllo. L’emotività probabilmente. Confronto con un certo cinismo la manifestazione di un paio di giorni fa a Treviso, tutta composta in un angolo della signorile Piazza dei Signori. Riflessione di un moglianese: cosa c’è nel nostro DNA? Quale delle due anime prevarrà o soccomberà?
La manifestazione non si scioglie, la musica continua, le luci al neon prevalgono sul blu notturno, vicino al camion i ragazzi del Rivolta si stringono e si abbracciano, la polizia non c’è. Nessuno ha il coraggio di togliere la gigantografia di Giacomo.
Come sempre una lucida cronaca del ” viaggio” di un giovane il cui nome resterà a lungo impresso nei ricordi dei suoi tantl”compagni di vita”.
Una storia esemplare molto ben raccontata: e credo anche” emotivamente vissuta”:
“checché il cronista ne dica” .