Una piacevole chiacchierata con Simona Moraci, autrice di “Come pesci sugli scogli” che ci racconta gioie e dolori di un periodo magico, ma molto complicato: l’adolescenza.
L’autrice messinese, Simona Moraci, reduce dall’uscita del suo ultimo libro “Come pesci sugli scogli” ha voluto raccontarci la sua visione dell’adolescenza e tutte le emozioni che si possono provare in un momento così importante di crescita. Scrittrice, giornalista e insegnante hanno saputo cogliere le sfumature, a volte sui toni del grigio, di ragazze e ragazzi in un ambiente particolare come la Sicilia degli anni ’90. La capacità di entrare davvero nei personaggi che descrive, rende i suoi romanzi veri e propri spaccati di un’isola della quale si possono quasi percepire i sapori e gli odori. Abbiamo voluto fare una chiacchierata con lei per farci raccontare i segreti nascosti del suo ultimo romanzo: “Come pesci sugli scogli”.
Perché questo titolo?
Perché, secondo me, è un po’ una metafora dell’adolescenza. Il titolo nasce da una mia suggestione: ero a spasso per la riviera tirrenica, quando ho visto due pesci disegnati su uno scoglio e ne sono rimasta folgorata. Ho pensato che, molto spesso nella vita, si sta come pesci sugli scogli, un po’ confusi, un po’ spiaggiati e, da qui, ho scritto subito l’incipit del libro. Rappresenta la grande metafora dell’adolescenza, come ci si sente quando si cambia, quando si cresce.
Sembra il ritratto di una scuola conosciuta non solo inventata…
In questo romanzo ci sono entrambe le parti di me: quella che insegna e quella che è stata una studentessa. La scuola riprende quello che è stato il mio liceo scientifico, almeno nelle forme e nei colori dei miei ricordi. Io ero sempre accanto alla finestra al terzo banco. Era il mio posto preferito, che poi è quello che hanno Saverio e Claudio, per cui sicuramente ci sono gran parte dei miei ricordi dei tempi del liceo. Infatti, volevo tornare indietro nel tempo perché, quando rivedi l’adolescenza alla luce della maturità è davvero tutt’altra cosa. In questo romanzo racconto le tematiche a me care, come il disagio giovanile, avendo insegnato a lungo in scuole di frontiera, ma narro anche cosa hanno rappresentato gli anni ’90 per me quando ero una studentessa. La Sicilia degli anni ’90 era una realtà complessa nella quale erano presenti alcune questioni, come quella del bullismo, che al giorno d’oggi vengono costantemente monitorate, mentre allora non era così. Negli anni ’90, infatti, non si parlava ancora di bullismo. Gli episodi che accadono a Save o a Claudio passavano come atti di goliardia. Adesso la scuola è molto più attenta a questi fenomeni, anche se io, allora, ho avuto insegnati eccezionali anche da questo punto di vista.
In quale dei tuoi personaggi ti riconosci maggiormente?
Mi ritrovo un po’ in Chiara che è una sognatrice; la famiglia di Chiara è un po’ come la mia famiglia. Ho avuto la fortuna di avere una nonna che per me era una donna fatta di luce e un padre che mi ha incoraggiata a scrivere. Io andavo a scrivere nel soppalco del suo negozio in centro, dove era presente una macchina da scrivere. Il mio primo libro, in realtà, l’ho scritto lì. Mi ritrovo anche in alcuni mutamenti di Saverio, il mio narratore interno, però sicuramente il personaggio che mi assomiglia di più è Chiara che voleva fare la scrittrice.
Tu hai dei finali sempre aperti nei tuoi romanzi, Quando concludi un libro pensi a un sequel?
C’è sempre un po’ la speranza di continuare; credo che i libri siano come la vita, infatti, alcuni nostri periodi, in realtà, non si concludono mai del tutto perché in noi c’è molto radicata l’idea di futuro. Questo romanzo, avendo una struttura narrativa molto particolare basata sugli universi paralleli e sul paradosso di Schroedinger, è sicuramente un libro che lascia spazio ad una alternativa finale. La mia idea era quella di una conclusione che lasciasse aperte tante possibilità anche perché ho imparato, nel corso del tempo, che i lettori si fanno il loro sequel.
La Sicilia degli anni descritti nel romanzo non era facile. Oggi in che modo è cambiata rispetto a quando tu eri adolescente?
Un po’ è cambiata, ma ti posso dire che nei quartieri difficili permane una situazione complicata. Di alcuni ne descrivo la vita perché il libro nasce da questo mix tra presente e passato. La Sicilia per me è una Sicilia più coraggiosa nelle scelte e anche un po’ più decisa. Considera che io quegli anni li ho vissuti da adolescente; quindi, la mia percezione dell’isola era derivata dal turbamento che hanno gli adolescenti. Ad esempio, la zona d Faro che descrivo nel libro è ora una zona residenziale, ma in quegli anni aveva più l’aspetto del villaggio di pescatori. Ora la città ha cambiato volto, infatti il libro descrive anche l’evoluzione di una società, ma credo sia profondamente diversa anche la scuola; ciò che rimane sono i colori, gli odori, i sapori. Nella versione extended book, scannerizzando il QR code si possono vedere video di ricette di pesce che ricordano la tradizione siciliana e, soprattutto, si può trovare l’intervista con Francesco Maria La Fauci, un fisico che tratta di universi paralleli. Avevo un bravissimo professore di fisica alle superiori ed ero rapita dall’idea che il tempo si potesse spezzare e che potessimo avere più vite e più universi paralleli. Schroedinger vuole mettere in difficoltà la meccanica classica e dimostrare gli stati di co-esistenza dell’atomo con il paradosso del gatto nella scatola. In fisica tu puoi misurare ciò che puoi osservare; finché non apriamo la scatola non sappiamo se il gatto è vivo o morto quindi gli universi diventano due: un in cui lui è vivo e uno in cui lui è morto. Questo è il paradosso che colpisce anche il protagonista, Saverio, che ha una vita difficile, ma sogna un altro universo. Tutta la narrazione si basa su questo.
Che differenza hai riscontrato, da insegnante, tra i ragazzi delle scuole di frontiera e quelle della Messina bene?
Il disagio giovanile è trasversale alle classi sociali, come lo è alla società in genere. Ovviamente i quartieri difficili, essendo soffocati dalla criminalità, devono affrontare problemi quotidiani, ma il disagio non risparmia le classi sociali più alte. Se si vanno a guardare i casi di cronaca anche recenti, le persone che commettono reati violenti non sono necessariamente individui che vivono in contesti sociali disagiati, ma questi provengono anche da fasce molto alte della società. È proprio negli estremi che troviamo la manifestazione del disagio; anche nelle classi benestanti si possono trovare ragazzi come Luca, uno dei personaggi più difficili, che soffrono per il loro vissuto. Tutta la ricchezza non riesce a compensare ciò che lui sente: “Ho la moto nuova, la polo firmata, il giubbotto di pelle e il viso perfetto, ma allora perché sto così”, quindi anche lui rappresenta la sofferenza estrema. Negli anni di scuola ho incontrato molte volte questa angoscia in ragazzi resilienti come Saverio, e in altri votati all’autodistruzione come Luca. Quando un ragazzo cresce senza una guida o una famiglia che lo appoggia, indipendentemente da quella che può essere la posizione sociale, soffre e va a compiere azioni distruttive non solo nei confronti degli altri, ma soprattutto di se stesso.
Raccontami una, e solo una, caratteristica di ciascun personaggio.
Saverio è la resilienza, non si spezza. Chiara è un personaggio forte perché, rispetto a quello che vive, riesce a superare le prove con grande fatica, ma anche con grande forza. Luca è fragile, ha una fragilità che conosco perché l’ho vista in molti dei miei alunni, una debolezza che nasce da una mancanza d’amore. Mentre Saverio fa fatica a gestire l’amore perché non è abituato a viverlo, ma in qualche modo riesce ad accoglierlo in sé, Luca non lo conosce e non è nemmeno in grado di capirlo. Claudio è un ragazzo concreto nonostante la sofferenza, non fa voli pindarici, ma accetta se stesso ed è consapevole che non cambierà mai in nessun universo. Riesce con la sua concretezza ad aiutare Saverio e da questo punto di vista è simile a Nicole, la sua ragazza; entrambi non riescono a essere sognatori, ma sono in grado di aiutare i loro amici che, invece, hanno nodi irrisolti. Dal punto di vista strutturale e narrativo, quella è stata la parte più difficile come lo sono stati i nodi temporali. Narrativamente c’è la percezione dell’universo che si spezza; è una percezione che noi non abbiamo perché continuiamo a vivere. Claudio, infatti chiede a Saverio: “Se l’universo si spezza, si spezza solo per chi è dentro il nodo o se si spezza per tutti e quando si spezza noi ce ne accorgiamo? Saverio risponde che noi lo percepiamo, ma non ce ne accorgiamo, avvertiamo il nodo, ma non che l’universo sia cambiato. Alla fine, Saverio dice che l’universo si era nuovamente spezzato, ma lui si trovava in entrambe le parti. Narrativamente è stato difficile perché questi universi si spaccano e nello stesso tempo si fondono. Questa è la mia libera interpretazione del paradosso perché noi non abbiamo coscienza di questo, ogni volta che i loro universi si spezzano finiscono per intrecciarsi fra di loro.
Una domanda che avresti voluto ti facessero e non ti hanno mai fatto…
Probabilmente avrei voluto parlare del fil rouge che lega i miei romanzi. Se ripenso a tutti i miei personaggi sia che siano angeli, adolescenti o insegnanti come Stefano e Andrea, mi rendo conto che sono tutti assetati d’amore e questo sentimento lo inseguono un po’ coi mezzi che hanno. Penso che tutti e tre i libri: “L’Eterno”, “Come pesci sugli scogli” e “Duecento giorni di tempesta” abbiano questa caratteristica in comune. Per me questo è stato un libro difficile perché ho affrontato i miei fantasmi e di questo ringrazio Sara Rattaro, Mauro Morellini e la mia editor che hanno creduto in questo progetto.
Dacci un indizio del nuovo libro…
Tratterà sempre delle tematiche a me care e quindi troveremo anche qui qualcuno che è assetato d’amore. È in fase embrionale perché per scrivere ci vuole sempre una scintilla, una folgorazione. La scrittura è un po’ come un colpo di fulmine: scrivi l’incipit e poi la storia comincia a muoversi da sola e poi i personaggi, come accade in Pirandello, si staccano dall’autore e cominciano a vivere. Poiché la scrittura è come un’illuminazione, una volta che sei dentro è difficile mollarla, ma i libri ci mettono sempre un annetto a maturare. Ognuno scrive ciò che è e mostra, nei suoi scritti, il suo modo di sentire, di vedere le cose e di filtrare il mondo. Ciascuno può essere ciò che vuole in un libro e anche la lettura rappresenta l’immersione in un altro universo. Inoltre, penso che la cultura e la scuola siano salvifiche. La scuola aiuta, ti fa crescere e, nei quartieri difficili, diventa un presidio dove i bambini si sentono protetti rispetto all’ambiente della strada dove vivono. Spesso le testimonianze di adulti che sono stati bambini in quartieri difficili, ci fanno capire come siano riusciti a farcela grazie ad alcuni insegnati che li hanno aiutati.
Treviso 17 11 2024 – Grazie di questa presentazione. Un libro senz’altro da leggere…