Talvolta l’illusione prende il sopravvento sulla realtà: capita di valutarla con i paraocchi, osservandola con un angolo di prospettiva limitato, vuoi per difetto di informazioni, per pregiudizi ideologici o per semplice e banale miopia intellettuale. Così, a fronte dei fenomeni “naturali” che assomigliano troppo a un Diluvio Universale, ci accorgiamo che le nostre tattiche e le teorie di bassa caratura politica, le fatue illusioni vengono spazzate via miserabilmente dalla concretezza dei fatti: eppure le conseguenze di un suolo terrestre violentato, dove si è costruito il costruibile e non si lascia più spazio allo sfogo necessario fuori dagli alvei dei fiumi, vengono addebitate immancabilmente ad errori del passato o alle casistiche che succedono normalmente a questo mondo.

Eppure le leggi conniventi, il tiriamo avanti, la priorità dell’economia divoratrice incontrollata di risorse sono ancora la sostanza di quello che il poeta Zanzotto chiamava “Il progresso scorsoio”. Il Veneto, con la sua legislazione colabrodo di tutela ambientale è un esempio magnifico del disastro ecologico di cui siamo partecipi.

È tempo di smetterla con le leggi truffaldine, formalmente abbastanza ben congegnate ma che ammettono cotali e cotante deroghe da far sorridere, o piangere, per la sostanziale licenza di devastazione accordata.

Esiste un ente dello Stato, l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), che misura con serietà l’avanzamento del consumo di suolo italiano su basi assolutamente scientifiche. Sappiamo che la conservazione del suolo libero è il primo e principale mezzo per combattere le conseguenze del cambio climatico: assorbe la famigerata CO2, fa filtrare l’acqua, eccetera eccetera. In una parola, contrasta i danni perenni dell’impermeabilizzazione. La legislazione regionale veneta corrente, invece, mette la testa sotto la sabbia in un modo furbastro. Esclude dal conteggio di consumo di suolo un insieme di opere come le nuove strade (esempio la Pedemontana), oppure insediamenti come le aree logistiche anche di dimensioni impressionanti. E ogni comune ha inoltre nel cassetto un bagaglio di aree edificabili autorizzabili, ereditate da precedenti gestioni, ma non ancora completate (il cosiddetto Consolidato): quando finalmente avverrà l’edificazione sulle aree, queste non figureranno nei conteggi regionali veneti come nuovo consumo. Detto semplicemente, la statistica regionale è ingannevole, non è corretto considerarla un semplice “diverso criterio” di misurazione. La nostra Regione, disconoscendo i dati ISPRA, potrà così sostenere con faccia di bronzo di essere rispettosa dei dettati di salvaguardia ambientale. E a qualcuno va troppo stretto che l’ISPRA, dall’alto della propria autorevole neutralità, ogni anno registri puntualmente il vero e proprio consumo di suolo, senza accomodanti eccezioni o esclusioni.

Sappiamo che questo governo è afflitto non infrequentemente da mania di persecuzione e tutto ciò che non gli sta bene, anche se corrisponde alle leggi di uno stato democratico, diventa materia di lamentazioni e di censura. Recriminazioni buone per individuare dei nemici su cui scaricare, magari, pesanti responsabilità che altrimenti sarebbero in capo a chi è al potere. Evito di citare le frequenti prese di posizione livorose che da tempo immemore lo contraddistinguono. Risulterebbero appena tollerabili, se venissero per parte di opposizioni irresponsabili, suonano invece del tutto ingiustificate per un istituzione politica alla guida del paese. Non si può fare contemporaneamente i governanti e i contestatori nel medesimo tempo, a seconda delle convenienze e confondendo le idee al popolo. Ma restiamo in tema d’ambiente: il Ministro della Protezione Civile Nello Musumeci ha dato ennesima prova di intolleranza e, in questo caso, di scarso senso dello Stato. Intervistato a RAI news 24, ha così argomentato in tema di alluvioni che con sempre maggior frequenza affliggono il nostro Paese:

 “Un po’ di responsabilità è anche di un certo ambientalismo integralista che ha dettato con la propria presenza una legislazione e una normativa assai vincolistica. L’Ispra, ad esempio, che è un istituto di grande scienza e cultura, sembra essere nelle mani di qualche ambientalista particolarmente fazioso, di quelli che non consentono di intervenire per togliere un albero o di consolidare gli argini perché c’è un tipo particolare di uccello che deve nidificare.  Questo è un ambientalismo ideologizzato”.

Affermazioni avventate, di scarso livello scientifico, che fanno il paio con altre scemenze espresse da Salvini, secondo cui le principali responsabili delle fuoriuscite dagli argini dei fiumi sono le nutrie e non l’incuria umana. Lasciamo perdere queste ultime esternazioni da cartone animato – il cerotto che malamente nasconde la vera piaga – e concentriamoci ancora sulle valutazioni insostenibili del ministro Musumeci. Risulta sconcertante un simile attacco contro chi con coerenza si batte per salvaguardare il nostro futuro dalla dabbenaggine e dal pressapochismo. Pare voler anticipare possibili ritorsioni. Speriamo proprio che il governo abbia esaurito la dotazione di parentele incrociate, il nocciolo duro della propria cosiddetta “comunità” (comunità è il termine usato da Bocchino per indicare la solidità dei rapporti interpersonali tra maggiorenti di Fratelli d’Italia) e visibilmente considerate le più affidabili da mettere a capo dei posti chiave, altrimenti potrebbero saltare altre posizioni non allineate.

Va ribadito che l’ISPRA è un organismo neutrale istituito nel 2008 alle dipendenze del Ministero dell’Ambiente, a servizio del quale cura, tra le altre cose, anche il rapporto annuale sul consumo di suolo in Italia. Probabilmente l’unico documentato e francamente affidabile.

Nella medesima intervista Musumeci ha osservato candidamente che “serve una legge per limitare il consumo di suolo”.

È grave che il ministro dimostri, con tale affermazione, di ignorare che dal 2018 giace in Parlamento una legge contro il consumo di suolo, presentata dall’on. Paola Nugnes e ripresa in questa legislatura dall’on. Stefania Ascari.  Si accontenta di alimentare una discutibile polemica, uno sterile “bisognerebbe” non si sa rivolto a chi, se non al proprio governo. Il vuoto legislativo rallenta le disposizioni europee che vincolano anche l’Italia a giungere entro il 2050 a consumo di suolo zero.

Sinceramente è stucchevole il giochetto di palleggio di responsabilità. A smentire le lacrimose esternazioni del centro destra, che addossa ad ogni piè sospinto alla sinistra (o spesso agli ormai pressoché inesistenti “comunisti”) la responsabilità di gravi omissioni in governi precedenti, soccorre una curiosa indagine svolta dal sociologo Edoardo Novelli e, a suo tempo, riportata dal quotidiano Domani. Si tratta di un calcolo riguardante il periodo che va circa tra la metà del 2011 fino a ottobre 2023. Dimostra che il centro sinistra ha governato soltanto, a grandi linee, per un quarto del tempo delle legislature, in particolare attraverso il governo Gentiloni. Nel calcolo, a scanso di equivoci, è considerato anche il Movimento 5 stelle (attribuito al centro sinistra solo dal governo Conte 2). Se consideriamo che anche il periodo successivo è appannaggio del governo di destra Meloni (tuttora in sella dal 22 ottobre 2022), non si capisce a chi gli italiani dovrebbero guardare per risolvere lo stato di cose in cui ci dibattiamo, anche dal punto di vista delle vitali tutele ambientali. Insomma: chi è causa del suo mal, pianga se stesso. Quelli di prima sono così lontani dal potere reale di governo che non ci interessano.

Roberto Masiero
Roberto Masiero è nato da genitori veneti e cresciuto a Bolzano, in anni in cui era forte la tensione tra popolazioni di diversa estrazione linguistica. Risiede nel trevigiano e nel corso della sua vita ha coltivato una vera avversione per ogni forma di pregiudizio. Tra le sue principali pubblicazioni: la raccolta di racconti Una notte di niente, i romanzi Mistero animato, La strana distanza dei nostri abbracci, L’illusione che non basta, Dragan l’imperdonabile e Il mite caprone rosso. Vita breve di norbert c.kaser.

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