Le elezioni americane hanno una caratteristica evidente ed in qualche modo nuova: non si distanziano, non differiscono dalle problematiche elettorali che abbiamo affrontato in Europa ed anche in Italia.

Cerchiamo di cogliere alcuni tratti similari.

Innanzitutto, non abbiamo più soltanto la comunanza del “non voto”.

Essa si è manifestata da molto tempo negli Stati Uniti ed è giunta in Europa ed in Italia più tardi ma con molta forza.

Ora vi è anche un identico comportamento popolare di tutti coloro che soffrono in maniera diversa e per cause di vario tipo di un appiattimento o di un peggioramento delle loro condizioni materiali.

Questo mondo fatto di lavoratori insoddisfatti per i dati economici che li riguardano, di minoranze emarginate o indebolite, di ceti che non riescono a vedere la possibilità reale di ascensori sociali sceglie nella gestione della politica di governo di affidarsi alla destra.

E questo perché la destra offre immagini di “certezza”.

Contro gli emigrati, contro la violenza, con il controllo delle merci che a basso costo invadono i mercati dall’estero e così via.

Poco importa se queste “ricette” possano o meno avere successo: l’importante è che siano esplicitate in maniera eclatante, a piena voce.

Sostanzialmente questi mondi rinunciano a quello che era definito “sogno americano” (negli USA ma anche in Europa ed in Italia) proprio perchè intangibile, proprio perché “sogno” e scelgono di affidarsi a chi nel concreto, oggi e non domani fa qualcosa.

E non importa se quel “qualcosa” sia lecito, vero, congruo o giusto.

E nemmeno interessa capire subito se alla prova dei fatti porterà a qualche risultato.

Intanto c’è.

Ecco, quindi, che al non voto frutto di disillusione, disinteresse, rifiuto, distanza e rigetto si somma il voto a destra come “rifugio”, come “via breve” per combattere i limiti di una esistenza.

Credo che le similitudini con i voti manifestati in diverse parti d’Europa siano evidenti.

E così sono simili anche gli atteggiamenti delle destre.

Che con una mano “accontentano” nell’”immagine” i sentimenti di rivolta rispetto alle condizioni materiali della vita e con l’altra scelgono, coerentemente con le loro tradizioni di sempre, di rafforzare i legami con le forze economiche più esplicitamente interessate e con loro dialoganti e soprattutto contrattanti.

E non è un caso che queste forze spesso abbiano nel loro circuito di controllo anche presenze decisive nella comunicazione tradizionale ed in quella innovativa.

Il caso di Musk non è un caso.

Ecco perché gli USA e l’Europa sembrano muoversi oggi nella medesima prateria, con atteggiamenti spesso similari e con risultati altrettanto confrontabili.

Peccato che il “valzer” del potere sia condotto dagli USA e non certo da una Europa divisa e balbettante che pare incapace perfino di capire la drammaticità delle sue condizioni.

Ed allora?

Allora si traggono alcune prime valutazioni ancora sommarie e limitate ma che possono servire alla costruzione del futuro ragionamento.

La prima è evidente: i diritti della persona provenienti dalle forme di democrazia avanzata che nell’Occidente si esprime, sono di importanza decisiva ma solo se accompagnati da una sicurezza economica e da prospettive di vita credibili.

In caso contrario cambia tutto: l’affidamento del governo viene dato a chi garantisce solidità e protezione nell’economia e nella vita.

I diritti verranno dopo o, in ogni caso, non sono determinanti per affidare il governo di un Paese.

La seconda è altrettanto evidente.

Le condizioni di vita e cioè lavoro, casa, sanità, salario, servizi determinano l’essere più o meno soddisfatti e di conseguenza la possibilità di esprimere un voto.

In Italia il Partito Democratico ha ripreso vigore proprio quando ha affrontato, per lo meno nella letteratura e poi via via nella concretezza, questi temi.

Il cambiamento della società e la sua frammentazione spesso rendono difficile la ricostruzione della “presenza” tra le masse com’era nel Novecento.

Ma è evidente che stare dentro queste chiavi di lettura è un obbligo, non un optional.

In terzo luogo è chiaro che anche la pace diviene qualcosa di diverso da quella valutazione valoriale e storica che sempre abbiamo avuto nella nostra memoria.

La pace diviene una condizione positiva “per”.

Per commerciare, per viaggiare, per fare affari, per costruire progetti e così via.

Ed allora la pace, che in ogni caso calma le nostre paure ataviche, si porta avanti a prescindere dai valori.

Ecco perché una parte importante degli elettori non si innamora del difendere confini e nazioni (fino a che non si tratta della propria terra) ma desidera la pace a prescindere.

Di fronte a tutto ciò il “che fare” della sinistra non può suonare campane a morto o, peggio stare nel silenzio.

Perché la sinistra non governerà certo solo con l’appoggio di chi ha nelle sue condizioni sociali e culturali la “tranquillità” della scelta.

Essa deve cogliere i limiti dei propri ragionamenti ed essere capace di ascolto e di risposta.

Quindi non si vuole certo un cedimento culturale nei principi ma grande serietà, vigore ed anche spregiudicatezza nell’affrontare i drammi materiali e sociali della modernità.

Perché affermare i diritti è bello se poi si possono coltivare e difendere.

Se invece si perde nel governo del Paese prima o poi si perdono anche i diritti come l’America, ed anche l’Italia, insegnano.


Si ringrazia la redazione della testata giornalistica “ytali.com” per averci concesso di riproporre l’articolo su “ILDIARIOonline”

Maurizio Cecconi
Veneziano, funzionario del PCI per 20 anni tra il 1969 ed il 1990. Assessore al Comune di Venezia per quasi 10 anni è poi divenuto imprenditore della Cultura ed è oggi consulente della Società che ha fondato: Villaggio Globale International. È anche Segretario Generale di Ermitage Italia.

1 COMMENT

  1. Vedo nei commenti di sinistra l’allarme perché “il popolo” vota a destra. Secondo me la vera questione è che il popolo di sinistra non vota più. Le riflessioni dovrebbero concentrarsi su questo fatto. Un contributo grande viene dal magnifico film di Andrea Segre “Enrico Berlinguer-La grande ambizione” con il bravissimo Elio Germano. Non è un film nostalgico, è la descrizione di una fase storica in cui i dirigenti politici della sinistra erano capaci di una vera “connessione con il popolo”.

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