Amo Treviso, la mia città. Amo il suo fascino, la sua storia e le sue tradizioni. Amo i suoi ritmi e la sua cultura.

Anche registi e sceneggiatori negli anni hanno apprezzato questi aspetti ambientando alcune loro opere tra i suoi angoli suggestivi. Ricordo nel 1965 Signore e signori di Pietro Germi da un soggetto di Luciano Vincenzoni che ha raccolto il materiale narrativo appunto nella sua Treviso.

Germi ha proposto la commedia di costume più nera e più alta della sua carriera. Il film è una satira bruciante tanto che in molti tra i critici italiani si scontrarono e non ne riconobbero da subito il valore. Ci penserà il Festival di Cannes a tributare per primo al film il plauso internazionale che meritava, assegnandogli la Palma d’oro nel 1966.

Ai giorni nostri, mercoledì trenta ottobre, è andato in onda su Rai due il primo di sei film ambientati appunto a Treviso ed interpretati nella parte del protagonista da Giuseppe Battiston.

Il primo di questi cortometraggi polizieschi s’intitola Stucky il sole di Tabriz. La serie, che è liberamente ispirata ai romanzi del noto scrittore Fulvio Ervas, esplora il cuore inquieto della provincia trevigiana [uno dei suoi precedenti successi Finché c’è Prosecco c’è speranza è anch’esso ambientato a Treviso].

Temperamento flemmatico e sornione, l’ispettore Stucky è in forza alla Questura di Treviso e si muove a proprio agio nelle pieghe oscure del nord-est italico, tra vecchi centri storici, periferie postmoderne e campagne sonnolente, affrontando casi in cui lo studio di un delitto non è solo disvelamento razionale dell’enigma, ma anche e soprattutto un pretesto per osservare e indagare la condizione umana.

Suoi compagni di viaggio: il medico legale Marina, con cui Stucky ha un rapporto di intensa e un po’ maldestra intimità, l’oste Secondo, consigliere e mentore, infine i due poliziotti a lui assegnati, Guerra e Landrulli, che hanno imparato ad amarlo, ma non ancora a capirlo.

Giuseppe Stucky è un tipo sui generis alla Tenente Colombo con il tradizionale trench logoro ed il sigaro in mano: apparentemente compassato e solitario, odia la vista dei cadaveri, non ama la tecnologia e organizza le indagini a modo suo, servendosi di tanti foglietti fitti di appunti che si diverte a disporre su un tavolo come tasselli di un puzzle per mappare l’animo di chi incontra e porsi le domande giuste, fino a ricomporre la vicenda che lo porta alla soluzione del caso.

Stucky non ama lavorare nel suo ufficio, ma preferisce formulare le sue ipotesi e i suoi ragionamenti passeggiando per Treviso o seduto davanti ad un buon bicchiere di vino nell’osteria del suo amico.

Marina, medico legale forte, determinata e risolutiva sul lavoro, nella vita privata, invece, sembra vivere continui alti e bassi che Stucky osserva e accoglie con dolcezza e premura, mentre lei sorride con tenerezza delle piccole manie dell’ispettore.

I due sono sulla stessa lunghezza d’onda e si bilanciano a vicenda: lui tutto istinto, lei tutta testa. Marina potrebbe essere la partner perfetta per Stucky, ma per ora sono solo buoni amici.

Secondo è l’oste, quello che si può definire l’amico di una vita di Stucky. Tra un bicchiere e l’altro i due condividono gioie, dolori e pensieri. Secondo gestisce la sua osteria, divertendosi con tutti gli avventori, ma al nostro ispettore dedica sempre del tempo [e un piatto speciale] per ascoltarlo o stimolarlo. È con Secondo, infatti, che Stucky ricostruisce i tasselli del delitto per metterli insieme, perché in osteria si pensa meglio e perché in casa di amici ci si sente più protetti.

Gianni Milanese
Sono nato a Mogliano Veneto nel 1946. Dopo una lunga carriera militare mi sono dedicato alla libera professione come Consulente di Direzione ed Organizzazione, attività che ancora oggi svolgo con grande passione nell’ambito dello Studio Milanese®. Scrivere rappresenta per me un hobby come il Nordic Walking, la Barca a vela, la musica Jazz e l’impegno nel Volontariato. Ho scritto alcuni racconti lunghi e numerose poesie. Ma, fondamentalmente, quando mi metto alla tastiera lo faccio per me stesso e per chi sa ancora accendere la miccia dei sentimenti cioè per coloro che soffrono o gioiscono e che, come me, nello scrivere vivono una seconda vita. In tale ottica la mia scrittura non può essere giudicata come scontata, perché l’esistenza non lo è mai. Secondo me un racconto per toccare le corde deve essere dolceamaro come appunto lo è la vita. Dal 2021 collaboro con il mensile di attualità, cultura e società L’ECO di Mogliano e con altri periodici [Trevisani nel Mondo, D&V…]. Vivo e lavoro a Villorba, ridente cittadina a nord di Treviso, nel comprensorio del Parco naturalistico del fiume Storga.

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