Nel week end i romani fanno la gita fuori porta, i milanesi vanno ai laghi, per i trevigiani una delle mete preferite del fine settimana è l’Abbazia di Sant’Eustachio immersa tra i vigneti alle pendici del Montello. L’Abbazia è rinata negli ultimi anni grazie ad un lungo ed accurato lavoro di restauro conservativo. Essa si propone oggi come meta di grande valore storico, artistico e culturale.

Le prime notizie di questa Abbazia risalgono all’XI secolo, quando un gruppo di monaci fondarono una piccola comunità. Grazie a Rambaldo III di Collalto, il cui Castello si trovava [e si trova tutt’ora] a pochi chilometri da lì, ma soprattutto alla madre Gisla, essi ebbero le risorse necessarie per bonificare il luogo e far crescere la comunità, un cenobio di monaci benedettini-cassinesi dipendente dal papato. Si sa infatti che nel 1235 essi controllavano ben 35 tra pievi e cappelle della zona. Lo scopo era anche quello di limitare il potere del vescovo di Treviso, antagonista dei Collalto. Nei secoli successivi il luogo però cominciò a perdere d’importanza.

Nel 1521 Papa Leone X, visto il lento ed inesorabile decadimento ed anche il malcostume dei frati, soppresse l’Abbazia trasformandola in prepositura commendatizia sottoposta indirettamente al controllo dei Collalto. Un controllo che continuò ancora per secoli. Durante il Cinquecento ed il Seicento l’Abbazia fu comunque un luogo molto vivace ed accolse, tra i suoi ospiti, anche Giovanni Della Casa che si ritirò qui tra il 1551 e il 1555. Monsignor Della Casa fu un letterato ed arcivescovo e tra le sue opere la più importante fu certamente il Galateo.

È opinione comune che il Galateo sia stato scritto proprio all’Abbazia di Nervesa, un luogo di ritiro dove il letterato visse momenti tranquilli di riflessione. Per la precisione il Galateo ovvero de’ costumi, un breve trattato che pone le basi per quello che ancora oggi riconosciamo come Codice comportamentale a tavola e in compagnia, nelle conversazioni e durante le cerimonie; esso contiene anche indicazioni sul modo di comportarsi e di vestirsi.

Alcune di queste indicazioni oggi sono superate se non addirittura impensabili. Non ci sono però dubbi sulla qualità delle informazioni che ritraggono una società dell’epoca che Monsignor Della Casa, da esperto diplomatico, conosceva bene. Altre sono estremamente attuali: non sbadigliare quando qualcuno parla, non soffiarsi il naso e guardare il fazzoletto “come se perle o rubini ti dovessero esser discesi dal celabro” [non manca l’ironia nel Galateo], non leggere lettere mentre si è a tavola con altri [che oggi potrebbe essere non utilizzare lo smartphone]. Questo Trattato insomma è interessante anche in un’ottica contemporanea.

Tra il 1744 e il 1819 Sant’Eustachio visse un secondo splendore grazie alla lungimiranza di Vinciguerra VII di Collalto [1727-1819] che la trasformò inunaAzienda agricola e come istituzione ecclesiastica venne ufficialmente soppressa soltanto nel 1865. L’edificio subì importanti danneggiamenti durante la Prima guerra mondiale dopo la rotta di Caporetto. Infatti, ciò che la rende così “wow” è proprio l’aspetto emblematico che tuttora le ha lasciato la crudeltà della guerra. Appunto nel 1917 durante la Grande Guerra, gli austriaci sfondarono il fronte a Caporetto e invasero il Friuli ed il Veneto.

Con difficoltà i soldati italiani e gli alleati costruirono la nuova linea di resistenza lungo il Piave e da lì cominciò la ripresa che ha portato alla Vittoria. Anche a Nervesa si sono combattute lotte cruente tanto che il borgo ha meritato in seguito il nome di Nervesa della Battaglia. Negli ultimi mesi di guerra l’Abbazia è stata bersaglio di pesanti bombardamenti perché ritenuta postazione privilegiata di osservazione. Essa ora rimane come struttura-simbolo di pace e monito contro gli orrori della guerra. Dal 2018 è aperta al pubblico grazie al radicale intervento conservativo fatto dalla Giusti Wine, impresa canadese leader locale nella produzione di vini di qualità.

Domenica 24 11 2024, la mattinata è accattivante, splende il sole ma la temperatura è rigida e sarebbe quasi un peccato starsene a casa, optiamo quindi per la visita all’Abbazia così da seguire un Nordic Walking facile che ci permetta di riscoprire questo angolo suggestivo del Montello in un’atmosfera autunnale.

Il percorso parte in salita circondato da una fitta alberatura; sono anche presenti dei pannelli che ci indicano il tipo di essenza che ci circondano [Rovere, Nocciolo, Acacia…]. Sulla sinistra vicino al vigneto notiamo una collina rotondeggiante che farebbe pensare ad un antico Castelliere [un insediamento umano di circa 3000 anni fa]. A metà percorso prendiamo il viottolo sulla sinistra che tra alberi di ulivo ci conduce all’Eremo di San Girolamo, con all’interno la statua del Santo.

La vista dell’Abbazia da lì è veramente maestosa. Torniamo sul sentiero principale e raggiungiamo in breve la vetta oltrepassando la Torre d’entrata. Dall’alto è possibile ammirare uno splendido panorama della pianura circostante mentre camminando nel percorso interno notiamo i chiostri e ciò che resta delle navate. Finita la “visita architettonicaprendiamo il sentiero appena sotto, passiamo oltre un castagneto e raggiungiamo la strada bianca, da qui scendiamo costeggiamo il resort della “Giusti Wine” per raggiungere dopo due kilometri la trattoria all’Auxilia per un leggero lunch accompagnato dal tradizionale calice di Prosecco.

Gianni Milanese
Sono nato a Mogliano Veneto nel 1946. Dopo una lunga carriera militare mi sono dedicato alla libera professione come Consulente di Direzione ed Organizzazione, attività che ancora oggi svolgo con grande passione nell’ambito dello Studio Milanese®. Scrivere rappresenta per me un hobby come il Nordic Walking, la Barca a vela, la musica Jazz e l’impegno nel Volontariato. Ho scritto alcuni racconti lunghi e numerose poesie. Ma, fondamentalmente, quando mi metto alla tastiera lo faccio per me stesso e per chi sa ancora accendere la miccia dei sentimenti cioè per coloro che soffrono o gioiscono e che, come me, nello scrivere vivono una seconda vita. In tale ottica la mia scrittura non può essere giudicata come scontata, perché l’esistenza non lo è mai. Secondo me un racconto per toccare le corde deve essere dolceamaro come appunto lo è la vita. Dal 2021 collaboro con il mensile di attualità, cultura e società L’ECO di Mogliano e con altri periodici [Trevisani nel Mondo, D&V…]. Vivo e lavoro a Villorba, ridente cittadina a nord di Treviso, nel comprensorio del Parco naturalistico del fiume Storga.

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