Abbandoniamo per un momento i temi esiziali che affliggono questo periodo sfortunato, come l’accendersi anziché estinguersi di nuovi conflitti, le tormentose piogge-bomba e le terribili incapacità tutte nostrane di indirizzare l’economia verso un futuro green senza fermare l’industria automobilistica.  Ora vorrei rimanere in tema d’ambiente, ma parlarvi di piccole cose. Come diceva Paulo Coelho: le piccole cose sono responsabili dei grandi cambiamenti.

Ecco, il punto è proprio questo: gli italiani sono senz’altro capaci di imprese colossali, realizzazioni uniche che possono sfidare i secoli per genialità tecnica. Il tallone d’Achille è, banalmente, la manutenzione ordinaria: lo si vede nella mancanza di sensibilità volta al recupero edilizio dell’esistente, nella proliferazione di una burocrazia fiaccante e nella ripetitività di un autolesionismo che va sotto il nome generico di disamore per la cosa pubblica. Si rileva nell’individualismo accentuato dove si fonde il pregio col difetto. Il tutto sfocia spesso in mancanza di una visione strategica corale e a lunga scadenza. Salvo eccezioni che inchiodano la regola.

È di aprile la notizia che la TARI, cioè la Tassa sui rifiuti 2024, si arricchisce di una nuova voce, stabilita dall’ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente):  una componente minimale pari a 0,10 € per utenza andrà a coprire parte dei costi per rifiuti accidentalmente pescati, cioè “i rifiuti raccolti in mare, nei laghi, nei fiumi e nelle lagune dalle reti durante le operazioni di pesca e quelli raccolti occasionalmente in mare, nei laghi, nei fiumi e nelle lagune con qualunque mezzo”; rifiuti che sono considerati rifiuti urbani ai sensi dell’articolo 183, comma 1 lettera b-ter) del decreto legislativo 152/06 e i rifiuti volontariamente raccolti nel corso delle campagne di pulizia del mare, dei laghi, dei fiumi e delle lagune”.  

Il punto fondamentale da considerare, va ripetuto, è che sono considerati a tutti gli effetti dei rifiuti urbani, proprio come quelli messi nel secchio della spazzatura. Dunque i nostri fossi, i fiumi, i laghi, il Mediterraneo sono riconosciuti come giganteschi contenitori di immondizie da asportare, di cui la collettività è responsabile. Una tassa che si unisce ad altre purtroppo necessarie, sullo stesso ambito.

 C’è una criticità di fondo: i pescatori raccolgono spesso più spazzatura che non pesce; le microplastiche, in aggiunta, sono ingerite dai pesci che prima o dopo ci mangiamo. Subiamo una serie di conseguenze terrificanti solo perché, a monte, preferiamo sversare nei corsi d’acqua le porcherie: vuoi per non pagare gli oneri di smaltimento, vuoi per pigrizia, vuoi per inciviltà. Così il mondo di divide in due grandi eserciti uguali e contrari, gli Insozzatori seriali e i resistenti pulitori. In mezzo sta quell’enorme popolo, a seconda delle situazioni colpevolinnocente.

Non gioisco mai fino in fondo nel vedere quante giornate ogni anno, quante risorse umane sono spese generosamente nelle famose campagne di pulizia sul territorio, ai margini delle strade, nei boschi, ovunque. Ci appare ormai normale vedere questi angeli volontari, impegnati in una fatica che si sa inutile come quella di Sisifo, condannato da Zeus a trascinare in eterno un gigantesco masso dalla pianura fin sopra il monte, salvo poi farlo precipitare cinicamente, per pretendere che Sisifo ricominci a riportarlo in alto.

Già: la normalità, ritornando ai rifiuti, sarebbe quella di non lasciarli in giro: i frigoriferi abbandonati intorno alle rotonde stradali, i sacchetti pieni appesi agli alberi, gli scarichi degli allevamenti, eccetera. Costerebbe meno alla comunità, se vogliamo essere concentrati aridamente sui numeri di bilancio familiare, e produrrebbe effetti determinanti, anche sulla salute. Invece: tutti furbi, nessun furbo.

Le considerazioni di cui sopra mi sono state suggerite mentre vagavo beatamente nel nostro stupendo parco Caregaro Negrin, a Mogliano, che in questi giorni si adorna di una bellezza incomparabile, nell’atmosfera degna di una stampa giapponese.

Aggiunge al tono del paesaggio la malinconia struggente del fogliame: precipita leggero, in tinte che usano la fornita tavolozza della natura in tutte le sfumature dal giallo al marrone, dall’arancio fino al rosso o al verde estenuato. 

All’altezza della piccola serra, si nota il degrado: bottiglie di plastica, sacchetti di patatine, lattine di coca cola, carte e rifiuti disseminati: addio poesia!

Certo l’amministrazione provvederà a bonificare per l’ennesima volta, magari metterà nuovi cartelli, chissà forse anche una telecamera… Il punto è che si accenderanno nuovi costi inutili, in una continua rincorsa a battere il degrado che è in agguato perenne.

Per il tipo di rifiuti disseminati, sarei portato a pensare che si tratti di ciò che rimane a terra dopo piccoli party abusivi. Spero almeno che non siano responsabili dei giovani. Magari quelli che fanno della trasgressione un vanto, per auspicare in altri contesti un mondo migliore. L’incoerenza ci morde le caviglie: ci siamo passati tutti per qualche compromesso con i nostri principi, in forme diverse. Resta il fatto che la speranza di un futuro più umano, le battaglie sacrosante di ragazzi caparbi come Greta Thunberg e quelli come lei, restano sullo sfondo di una quotidianità fatta di continui sfregi. Di persone incapaci a cogliere il Nulla che ci sta davanti, vecchie mentalmente anche se giovani. Occorre aiutarle a cambiare, soprattutto per amore e poi con forza. Intanto la fatica di Sisifo continua per illuderci.

Roberto Masiero
Roberto Masiero è nato da genitori veneti e cresciuto a Bolzano, in anni in cui era forte la tensione tra popolazioni di diversa estrazione linguistica. Risiede nel trevigiano e nel corso della sua vita ha coltivato una vera avversione per ogni forma di pregiudizio. Tra le sue principali pubblicazioni: la raccolta di racconti Una notte di niente, i romanzi Mistero animato, La strana distanza dei nostri abbracci, L’illusione che non basta, Dragan l’imperdonabile e Il mite caprone rosso. Vita breve di norbert c.kaser.

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