Nato nei primissimi anni del secolo scorso (il primo volo di Orville Wright è del 1903) l’aeroplano ha conosciuto un progresso rapidissimo tanto da diventare tra le due guerre mondiali un mezzo di trasporto già piuttosto diffuso. Ma come in tutta la storia dell’evoluzione tecnologica, anche in questo settore le donne hanno avuto una parte forzatamente secondaria a causa di una cultura maschile imperante che negava loro qualsiasi predisposizione a gestire le macchine, fossero volanti o a quattro ruote. Ma proprio contro questa discriminazione di genere emersero formidabili figure femminili capaci di sapersi muovere come e meglio degli uomini. Nel campo dell’aviazione sono numerose le protagoniste che hanno lasciato il segno nella difficile e pericolosa avventura del volo ma i loro nomi sono spesso stati dimenticati o, peggio, considerati come delle eccezioni degne al massimo di un accenno. Noi vogliamo riscoprire alcune delle loro storie straordinarie, alcune dal finale tragico ma tutto caratterizzate da un incredibile coraggio, una volontà incrollabile e una determinazione spietata, doti indispensabili per emergere in un mondo di uomini.
L’esordio della presenza femminile sulle macchine volanti più pesanti dell’aria risale al 31 maggio 1908 quando l’olandese Pauline Pottelsberghe de la Potterie a Gand in Belgio venne portata in volo (pochi metri a qualche centimetro da terra) da Henri Farman, uno dei grandi pionieri dell’aviazione. Sebbene quello sia stato il primo volo di una donna su un aeroplano apriamo questo elenco di aviatrici con Elisa Léontine Deroche, nata a Parigi il 22 agosto 1882 e passata alla storia con il “nome d’arte” di Raymonde de Laroche, prima donna al mondo ad aver ottenuto il brevetto di volo. Il nome Raymonde se lo diede in memoria della figlioletta scomparsa a pochi mesi mentre il cognome De Laroche lo inventò per darsi un tono aristocratico, utile per farsi notare nella società della Belle Epoque. Dopo aver iniziato giovanissima a lavorare come sarta, Elisa divenne ben presto modella e poi attrice teatrale, aiutata dalla sua bellezza, dal portamento regale e da una straordinaria forza interiore che la seguirà per tutta la sua breve vita. Figlia del nuovo secolo si dimostrò subito appassionata di motori tanto che nel 1904 fu una delle prime donne a circolare per Parigi su una bicicletta motorizzata e poi su una automobile sportiva, una Hispano Suiza cabriolet. Istintivamente portata verso tutto quanto riguardava il progresso tecnologico, il suo avvicinamento al giovane mondo del volo fu inevitabile perché l’aviazione a motore coniugava perfettamente lo spettacolo, lo sport e l’ardimento. Nel 1907 de Laroche divenne un’assidua frequentatrice dell’atelier e della scuola di volo dei fratelli Gabriel e Charles Voisin, tra i maggiori progettisti e costruttori francesi. Prese le sue prime lezioni di volo nell’autunno del 1909 e già il 22 ottobre a Chalons decollò da sola su un biplano Voisin: percorse non più di 300 metri a 5 metri da terra ma fu un vero trionfo. Era la prima donna ad alzarsi in volo ai comandi di un aeroplano!
“Questa è la mia vita a partire da oggi. La vita dell’aria” confidò al corrispondente del Daily Mirror che la citò da quel momento come “baronessa,” titolo del tutto inventato dal quale Raymonde non si separò più. Continuò intensivamente ad allenarsi al volo (non senza un incidente che le costò la frattura di un braccio) e nel 1910 partecipò, unica donna, alla Grande Semaine d’Aviation a Heliopolis, in Egitto, comportandosi egregiamente e superando diversi aviatori nella classifica finale basata sulle distanze totali percorse. Va ricordato che ai primordi dell’aviazione i primati consistevano nel rimanere in aria più a lungo possibile ad altezze che non superavano poche decine di metri. Grazie alle sue performances l’8 marzo 1910 Raymonde de Laroche ricevette dall’Aero-Club de France il brevetto di pilota numero 36: era la prima donna al mondo a ottenerlo! Nel marzo di quell’anno partì per la Russia per partecipare alla Settima Aeronautica di Pietroburgo dove ebbe la grande soddisfazione di ricevere i complimenti dello Zar Nicola II° in persona che le fece dono di una magnifica spilla di brillanti a forma di corona reale. La giovane francese era diventata ormai una celebrità e la sua partecipazione era ambita dagli organizzatori dei meetings aviatori che si moltiplicavano un po’ dovunque in Europa. Ma volare in quegli anni era estremamente pericoloso tanto è vero che l’8 luglio 1910 il biplano di Raymonde precipitò sul campo di volo di Reims-Bétheny (lo stesso dove due anni dopo imparerà a volare Francesco Baracca) e lei riportò gravi fratture che sembravano aver posto la parola fine alla carriera di aviatrice. E invece la sua ferrea volontà ebbe la meglio tanto che già nel settembre del 1911 ritornò a volare come passeggera. A suo modo Raymonde era partecipe alla faticosa lotta per l’emancipazione della donna di quegli anni tanto che documentò con un lungo articolo sul prestigioso mensile Je Sais Tout le numerose conquiste femminili nel campo dello sport.
“Per molti secoli la donna è stata considerata alla stregua di un misero oggetto – scrisse – un oggetto talvolta gradevole ma dal quale ben poco ci si sarebbe potuti attendere. Tuttavia, molte sono state le donne che hanno saputo liberarsi dal giogo, dimostrando una infinità di modi d’essere perfettamente in grado di competere col maschio” e continuava con veemenza rivolgendosi agli uomini “loro si sentono portati ad essere campioni e regalarci covate di bebé. Loro sono i manager. Ma sono anche disponibili a uniformarsi senza discutere ai comandi ricevuti, rendendo ebete il proprio cervello e tramutandosi in fantocci manovrati dai fili che li indirizzano su lavoro”.
Come si vede non le mandava certo a dire, forte del prestigio e dall’autorità derivanti dalla sua fama internazionale di donna emancipata e fuori dagli schemi.
Nel 1913 la “baronessa” tornò a volare con un biplano Farman e il 25 novembre rimase in volo per 4 ore e 15 minuti percorrendo circa 323 chilometri e guadagnandosi per quell’anno l’ambita Coupe Femina messa in palio dall’omonima rivista di moda e riservata alle aviatrici. Lo scoppio della Grande Guerra bloccò naturalmente qualsiasi manifestazione aerea e Raymonde comunicò al Segretario del Ministro della Guerra la richiesta di partecipare allo sforzo bellico ai comandi di un aeroplano. Com’era prevedibile la sua disponibilità all’arruolamento non venne presa in considerazione e dovette ripiegare sui servizi ausiliari come autista trasportando gli ufficiali tra il fronte e le retrovie. Passata la guerra mentre gran parte delle aviatrici europee della prima generazione non tornò più a volare, Raymonde de Laroche per il suo ritorno scelse il meglio che offriva l’industria francese: il biplano Caudron G3 Sport. Cercò subito l’impresa andando alla conquista del record mondiale di altezza detenuto dall’americana Ruth Law con 3.416 metri. Il 12 giugno 1919 decollò dall’aerodromo di Issy-les-Molineaux, rimase in volo ben 2 ore e 7 minuti, nella discesa dovette superare anche un banco di nebbia ma raggiunse la straordinaria quota di 4.800 metri, nuovo record del mondo! Forte di questo successo Raymonde iniziò una nuova carriera come collaudatrice della Societé des Avions Caudron e il 18 luglio 1919 al campo di Crotoy salì come passeggera su un nuovo biplano assieme al collaudatore capo Barrault. Alle 17.45 l’apparecchio, forse per una manovra troppo azzardata, andò in vite e si schiantò al suolo capovolto. Raymonde rimase uccisa sul colpo mentre Barrault spirò poco dopo. Per un amaro scherzo del destino la grande aviatrice che aveva rischiato la vita tante volte, prima donna al mondo ad ottenere il brevetto di volo, finì i suoi giorni nel sedile del passeggero: aveva 37 anni. Il suo corpo riposa nel cimitero parigino di Père Lachaise.