Mi sono preso qualche giorno per riflettere. Non riuscivo a capire.
Non tanto la strage in sé, che resta, in ogni caso, inaccettabile ma il contesto, la narrazione, le implicazioni che essa porta con sé.

Istintivamente, di fronte a una notizia come questa, la reazione comune è spesso la stessa: “Oh no, è tornato il terrorismo islamico.”

E invece no. Stavolta, il contesto è ben diverso.

La strage di Magdeburgo non è la cronaca di un attacco jihadista. È la storia di un uomo, Al Abdulmohsen, un immigrato saudita che fugge dal suo paese per scappare dai valori retrogradi e opprimenti della sua società.

Arriva in Germania, si integra, si batte per i diritti delle donne.

Una parabola che potrebbe sembrare il simbolo perfetto del multiculturalismo.

E poi, qualcosa si spezza.

Al Abdulmohsen diventa un feroce critico della Merkel, accusandola di aver favorito l’islamizzazione della Germania.

Abbraccia l’estrema destra dell’AfD, un partito che non ha mai nascosto le sue posizioni xenofobe e razziste. Infine, compie una strage.
Una strage fascista, vera e propria ma . . . nessuno pare abbia il coraggio di scriverlo.

E qui emerge un primo punto che non possiamo ignorare: l’odio non ha un colore fisso.

Non è esclusiva di una religione, di un’ideologia o di un movimento.

L’odio è un virus che trova ospitalità ovunque: nell’estrema destra, nella estrema sinistra, nelle ideologie religiose, nei nazionalismi.

La strage di Magdeburgo è la dimostrazione di quanto sia facile manipolare le fragilità individuali e sociali per trasformarle in violenza.

Un ossimoro dei nostri tempi

La storia di Al Abdulmohsen è uno degli ossimori più emblematici della nostra epoca: un immigrato saudita, integrato, diventa un assassino islamofobo e sostenitore dell’estrema destra.

Mentre ciò accade, un leader jihadista in Siria, classificato come terrorista, si propone come un interlocutore equilibrato e fautore dell’unità politica e culturale del suo paese.

È una confusione che mette in crisi le nostre categorie. Non riusciamo più a leggere il mondo con le griglie di interpretazione del passato. Il “buono” che diventa “cattivo”, il “cattivo” che tende la mano: tutto si ribalta, lasciandoci disorientati.

Ma il problema a mio avviso non è il ribaltamento in sé. Il problema è la nostra incapacità di affrontare la complessità.

La seduzione dell’odio e il ruolo della politica

La strage di Magdeburgo non è un episodio isolato. È l’ennesimo segnale di una società che si nutre di paure, divisioni, rancori. L’odio non è più un’emozione privata: è diventato uno strumento politico, un’arma per dividere, per consolidare il potere.

E qui entra in gioco un nome che ricorre sempre più spesso: Elon Musk.

Musk, che con la sua visione manichea del mondo, è diventato un modello per molti leader dell’estrema destra globale. La sua piattaforma, X, è un laboratorio di polarizzazione, un luogo dove l’odio viene amplificato, normalizzato e legittimato.

E mentre leader come Giorgia Meloni o Christian Lindner flirtano con la figura di Musk, la politica europea sembra incapace di reagire, di offrire una risposta diversa.
Musk è sintomo, ma anche cartina da tornasole , per la proliferazione dell’odio.

È una politica che ha smesso di costruire ponti per dedicarsi a scavare fossati, una politica che preferisce la semplificazione alla complessità, lo scontro alla mediazione.

L’Europa può essere mai come ora, baluardo alla lettura della complessità. Non perché sia perfetta, ma perché rappresenta ancora un modello di convivenza, di compromesso, di cooperazione.

È vero, viviamo tempi difficilissimi: la pandemia, la guerra in Ucraina, il cambiamento climatico. Ma se c’è una lezione da trarre da questi anni, è che solo attraverso l’unione possiamo affrontare le sfide globali.

Viviamo in un’epoca in cui il cielo sopra di noi sembra confuso, pieno di contraddizioni. Ma se vogliamo ritrovare la strada, dobbiamo iniziare a guardare non solo sopra di noi, ma anche dentro di noi. Solo così potremo costruire un futuro all’altezza delle sfide che ci attendono.

Marco Casoni
Sono Marco Casoni, ho frequentato il Liceo Berto a Mogliano Veneto e laureandomi successivamente in Economia e Commercio a Ca Foscari. Ho svolto con successo assieme a mia moglie la professione di imprenditore nel settore della moda. Sono il segretario del circolo del Partito Democratico di Marcon.

1 COMMENT

  1. Già… E tra l’altro un modello sempre più palesemente orientato ad avere il potere reale nelle sue mani e con a disposizione un patrimonio personale pari al PIL di uno stato.
    Sinceramente preoccupa!

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