Nella straordinaria cornice dell’auditorium del Museo Santa Caterina, nel cuore del capoluogo della Marca Trevigiana, si è svolto un seminario di altissimo livello, ben organizzato dal Circolo PD di Treviso. Non un semplice incontro, ma un vero momento di approfondimento, dove, in due ore di interventi serrati, i relatori presenti – rappresentanti del Partito Democratico, studiosi e imprenditori – sono riusciti a catalizzare l’interesse della numerosissima partecipazione.
Rispettando i tempi previsti – e come sottolineato dal portavoce del Circolo Trevigiano, Fabio Marzella – si è svolto un eccellente lavoro, in linea con quella che è la norma, più che l’eccezione, in ogni altra parte d’Europa. Una sorta di tirata d’orecchie alla cattiva abitudine italiana che, in nome del mancato rispetto della puntualità e del narcisismo oratorio, tende ad allungare qualsiasi incontro o riunione a tempi biblici, spesso seguiti con fatica dalla gente.
Mai come in occasioni come questa, dove le cose vengono fatte con precisione e impegno, emergono le carenze organizzative che, ahimè, accompagnano spesso l’incedere del Partito Democratico.
Come ben detto dal Presidente del Partito e neo parlamentare europeo Stefano Bonaccini, il PD, invece di impegnarsi a discutere e a risolvere i problemi della gente, troppo spesso si fossilizza su logiche personalistiche che nulla hanno a che vedere con le reali necessità del paese.
In altre parole: è necessario abbandonare incontri banali e interminabili, spesso resi inaccessibili da lungaggini e discorsi autoreferenziali, per concentrarsi su appuntamenti concreti, comprensibili e focalizzati sui reali bisogni delle persone.
Meno parole vuote, più azioni incisive e tangibili.
Lo stesso Marzella, referente del Gruppo Economia del circolo di Treviso ha aperto il dibattito ricordando che il cambiamento demografico è già in atto e che, nei prossimi anni, diventerà un tema centrale per il futuro del nostro paese.
Ha sottolineato come sia necessario affrontare questa sfida con politiche razionali, evitando populismi e allarmismi, e lavorando per garantire un ricambio generazionale, lavorativo e sociale. Perché non parliamo di rilancio demografico interno?
Perché, come ha evidenziato, i dati ci dicono che il rilancio demografico non sta avvenendo e che, anche se iniziassimo domani, servirebbero almeno 25-30 anni per vederne i risultati.
Dobbiamo agire ora, con una visione concreta e coraggiosa a cinque anni
Il segretario provinciale Giovanni Zorzi ,ha portato due dati emblematici: il 65% dei bambini che oggi frequentano le scuole elementari svolgerà lavori che ancora non esistono, e in Germania solo un bambino su quattro ha nonni di origine tedesca. Questi numeri non sono solo statistiche, ma raccontano un mondo che cambia rapidamente e che ci chiede di ripensare il nostro sistema educativo e di prepararci a una realtà demografica e culturale in trasformazione.
Zorzi ha poi egregiamente evidenziato le difficoltà della Marca Trevigiana, dove il modello imprenditoriale, basato su piccole imprese isolate, mostra i limiti di una logica superata e di un mondo che non esiste più.
Un modello che penalizza la produttività, la competitività e che favorisce la cosiddetta fuga di cervelli, stimolati ad affrontare sfide più importanti che solo aziende strutturate possono offrire.
L’onorevole Rachele Scarpa ha poi spostato il focus sul fenomeno migratorio, affrontando il tema con intelligenza e senza retoriche.
Ha ricordato che il 10% della popolazione veneta è composta da stranieri e che i nuovi nati di origine straniera rappresentano quasi il 19% del totale. Questi dati mostrano una realtà già radicata, che non possiamo ignorare.
Scarpa ha evidenziato come sia necessario superare normative inadeguate, come la legge Bossi-Fini, e costruire un sistema che tuteli tutti i lavoratori, italiani e stranieri, garantendo pari dignità. Non si tratta solo di accogliere, ma di costruire una società inclusiva, dove ognuno possa contribuire sentendosi riconosciuto e rispettato.
Abbiamo bisogno di immigrazione e la dobbiamo favorire con un sistema accogliente, fatto di strutture, proposte e regole.
Altro che pensare di investire in Albania, come sta facendo il governo.
L’intervento dell’ex governatore dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, è stato un condensato di problemi e soluzioni per affrontarli.
Ha aperto con il tema del declino demografico, portando numeri che non lasciano spazio a interpretazioni:
“Nel 2050 avremo un rapporto di 1:1 tra chi lavora e chi deve essere mantenuto.
Chi garantirà allora le grandi conquiste del Novecento, come la scuola e la sanità pubblica?”.
Parole che sottolineano l’urgenza di politiche che ridiano fiducia alle famiglie e attraggano nuovi lavoratori, invertendo una tendenza che rischia di compromettere il futuro del paese.
Bonaccini ha poi posto con forza il tema della casa, definendolo una priorità assoluta:
“Se vogliamo che il nostro paese sia attrattivo, dobbiamo partire da qui.
La casa non è solo un diritto fondamentale, ma la base per costruire un futuro.
”Senza un piano per garantire abitazioni accessibili, ha evidenziato, non possiamo pensare di trattenere i giovani o accogliere chi vuole contribuire al nostro sistema economico e sociale.
La mancanza di una strategia abitativa si traduce in disuguaglianze crescenti, in un futuro incerto e in un paese che rischia di perdere la sua competitività.
È un tema che non riguarda solo la dignità delle persone, ma la capacità stessa dell’Italia di affrontare con coerenza e visione le sfide del cambiamento demografico.
Molto pregnante anche il pragmatismo con cui ha affrontato il tema della sicurezza, ricordando che legare esclusivamente la sicurezza al fenomeno migratorio è un errore. Se chi arriva non trova opportunità di integrazione, diventa manodopera facile per la criminalità organizzata, aggravando i problemi invece di risolverli. “Il contrario di integrazione è disintegrazione”, ha affermato, una frase che racchiude il cuore della questione.
Infine, il tema della cittadinanza è emerso come una delle grandi contraddizioni del nostro sistema: com’è possibile che un argentino con antenati italiani ottenga facilmente la cittadinanza, mentre un ragazzo nato, cresciuto e istruito in Italia venga escluso?
Ius soli o ius scholae… basta ritardi! È una questione che non possiamo più rimandare.
Concludo con le sue parole: “Non c’è altra strada che guardare al futuro con coraggio, mettendo i nostri valori al servizio delle comunità che rappresentiamo”, che leggo come un invito a continuare a impegnarsi per le giuste cause, quelle che devono guidare il Partito Democratico.
Ho partecipato , con grande piacere devo dire che e’ stato uno dei piu’ bei congressi , che abbia visto , molta gente , molto interesse e grandi spunti di vera riflessione , un gran plauso