Come cambia il nostro vivere ai margini del "magnete"?
La domanda potrebbe sembrare astrusa e quindi va spiegata.
È evidente che esiste un punto di riferimento: Venezia.
Ed è altrettanto evidente che le terre che la circondano risentono fortemente della sua diretta influenza.
È per ragioni "storiche"?
Anche.
Ma si tratta di un termine che aveva più significato diversi anni fa.
La Venezia dell'antica Repubblica era evidente nell'immaginario collettivo ma non alludiamo a quella "vicenda".
Pensiamo invece alla Venezia capitale reale del Veneto.
Capitale non solo nel senso della bellezza e del richiamo turistico.
Capitale amministrativa e istituzionale nonchè cuore pulsante dei riferimenti regionali di studio, ricerca, cultura, impresa, economia e così via.
Quel "magnete" aveva senso.
Oggi la vicenda è cambiata radicalmente.
Nel corso degli anni la città capoluogo è mutata, ha cambiato pelle.
Da riferimento "complessivo" e riconosciuto è divenuta sempre di più "meta".
Certo non l'hanno abbandonata le sedi delle Istituzioni elettive perchè esse non si muovono per necessità ma per scelta che può essere anche priva di condizionamenti strutturali.
Ma è scomparso il "pulsare" della vita produttiva, e direi, in sostanza, si è perso il senso della "città".
Da qui partiamo.
Perchè chi vive ai margini sente il riflesso, avverte direttamente le modificazioni che il "magnete" subisce.
Ed il senso "tutto turistico" della ex capitale conta.
Intanto si è rivoluzionata Mestre ma non solo.
Le incidenze di chi sceglie Venezia come "meta" sono molto più vaste.
Coprono sostanzialmente tutta l'attuale area metropolitana ed influenzano perfino le vicine Padova e Treviso.
Allora alcune domande sorgono spontanee.
La regina di queste è presto detta: quale qualità della vita, quale identità si prospetta per gli abitanti di questa area vasta?
Qui intanto si coglie un elemento unificante.
Le problematiche del centro storico veneziano si espandono e contaminano la terraferma.
Quelle apparenti sono evidenti e riguardano la casa, i trasporti, i servizi ma sarebbe riduttivo pensare solo a tutto ciò.
Il vero tema è quello che affronta il futuro di chi qui vuol vivere.
È un futuro poco affascinante.
Perché il sistema a trazione unica, e cioè il turismo, genera una tipologia di prospettive assolutamente deviante.
Innanzitutto premia una occupazione marginalizzata e spesso priva di forti qualità e ciò è dovuto alla dimensione di "rendita di posizione" che il turismo a Venezia assume.
Ma le dimensioni non sono solo caratterizzanti il lavoro.
Modificano infatti lo "spirito" del vivere la città.
Un esempio?
C'è ed è chiaro.
Se ad una famiglia che vive a Venezia conviene andare a vivere in Terraferma e mantenere il suo spazio isolano dimensionato come affitto breve ai turisti è evidente cosa sia la rendita di posizione.
In sostanza il turismo vissuto come monocultura modifica non solo le esigenze materiali ma anche "travia" le caratteristiche della vita.
E lo fa in silenzio, senza rivoluzioni.
Tutto ciò sta avvenendo in una area vasta con più o meno velocità e forza ma sta avvenendo.
Allora si capisce perchè a chi vive "fuori" sia necessario capire e pensare a ciò che sta "dentro".
Qui si scopre un infingimento pesante che inganna il dibattito.
Ragionare solo sul numero dei turisti oggi non ha senso.
Perchè intanto rende chiara una cosa: che possiamo solo contenere, allargare o mantenere.
Ma certo non cambiare.
Quindi il destino sarebbe definito.
L'obiettivo deve essere diverso e duplice.
Da una parte occorre guardare alle attività possibili realmente nel comparto metropolitano ed oltre.
Vanno percorse anche altre dimensioni lavorative, imprenditoriali e occupazionali.
Sia con l'intervento privato che con l'azione pubblica intesa soprattutto come "incentivante" le opportunità.
Di cosa parliamo?
Di alcuni grandi comparti economici. Ambiente, Cultura e Università non dimenticando alcuni settori produttivi tra cui il vetro e la cantieristica.
E tutto ciò non può che essere positivo per una concezione "sana" del turismo.
La città morta o falsa è infatti del tutto controproduttiva per un turismo che non sia "mordi e fuggi".
Il lavoro e l'impresa segnano anche nell'immaginario una cosa fondamentale: che è possibile pensare ad una occupazione diversa a Venezia e nelle "Venezie".
Una occupazione variegata e non costretta solo nella dimensione monoculturale del "turismo".
Il secondo elemento che va riflettuto è quello della casa e dell'welfare.
Perchè per dare speranza occorre mostrare opportunità.
Qui va invertita una strada.
E cioè quella che a parole condanna l'eccesso di turismo e propone di pagare biglietti d'ingresso mentre nel silenzio è ossequiente al proliferare di alberghi e di spazi destinati alla ricezione di ogni tipo.
Non solo in centro storico.
Anche in terraferma.
E qui giungiamo ad un punto che fino ad ora è stato sottaciuto e poco richiamato.
Perchè dunque tutto ciò dovrebbe interessare agli abitanti non insulari?
Qui si sconta anche il limite evidente di chi sinceramente ha combattuto in solitudine l'abbandono di Venezia.
La terraferma non è il nemico e non è nemmeno il complice del nemico.
Essa con le sue città ed i suoi territori subisce gli stessi problemi che la monocultura turistica provoca: in primis a Mestre e Marghera ma certo non solo perchè da Chioggia a Mira, da Dolo a Spinea, da Mogliano a Marcon la dimensione di vita, di economia, di opportunità si appiattisce sul terreno veneziano.
Il gioco di chi voleva "lasciar morire" silenziosamente Venezia aveva come presupposto il suo distacco dalla terraferma e ciò così è stato.
Un centro storico isolato e da marginalizzare esaltandone l'impotenza.
Ed il silenzio della terraferma è stato a volte assordante.
Perchè impregnato della speranza che a lei non toccasse sorte similare.
Ma i negozi chiusi, i problemi pesanti di sicurezza, la solitudine dell'assenza di un destino non sono un bel modo di vivere.
Segnano che la strada del lasciar morire il vicino non salva chi non vuol vedere "l'altro" morire.
In tutto ciò appare un convitato di pietra, la Regione.
Perchè in questo dibattito non c'è mai stata ed a questi problemi non si è affacciata.
Perchè?
Banale ma vero: Venezia è una straordinaria meta che contamina tutto ciò che è vicino ed a volte anche non molto vicino.
Quindi la "sofferenza" di alcuni mondi d'acqua e di terraferma vale il gioco.
Ma così non è e non può essere e quindi le sirene che non ne parlano vanno smascherate.
Ed allora?
La ri-nascita è possibile?
Forse si, sta come sempre nelle nostre mani.
Ma vede due pregiudiziali.
Che chi chiederà il voto sia chiamato ad esprimere concretamente le proprie volontà e che quindi la manifestazione di fiducia dei cittadini possa esprimersi su dati di fatto.
Questa è una premessa.
L'altra, che motiva questo articolo è che siamo, cittadini di terra o di laguna in una medesima situazione che detta le avversità solo identificando a volte tempi diversi ma medesimo destino.
È in questo quadro che va affrontato il problema.
Probabilmente le vecchie suggestioni che legavano Venezia nella sua complessità a Padova e Treviso sono da riprendere perché evitano che si pensi al "magnete" nella sua solitaria iridescenza.