La questione dei PFAS sta dilagando. Ormai sono sempre più di dominio pubblico le evidenze sulla pericolosità e dannosità pervasiva di queste sostanze, prodotte per gli usi più disparati ma impossibili da eliminare dall’ambiente, in tutte le sue componenti di aria, acqua e suolo, proprio per le loro caratteristiche di legame chimico carbonio-fluoro, inventato dall’uomo e impossibile da rompere.

L’ultimo allarme è stato lanciato la settimana scorsa da Greenpeace, dopo che ha condotto una accurata indagine sulle acque potabili italiane, dimostrando in quasi tutte la presenza dei PFAS ricercati, compreso il sicuramente cancerogeno PFOA, ancora abbondantemente usato in attrezzi e contenitori a contatto con gli alimenti.

Subito è scattato il negazionismo da parte di produttori e affaristi interessati alla produzione dei PFAS (sono migliaia, e tutti pericolosi) e a quelli interessati al business dello smaltimento dei rifiuti, come quello degli inceneritori. L’argomento usato, come al solito, è che i livelli riscontrati nelle acque potabili sarebbero “al disotto dei limiti”, omettendo di segnalare che questi limiti sono considerati insufficienti, cioè troppo alti, in Paesi come USA, Germania, Olanda e Danimarca, che li stanno riducendo praticamente a zero, come indicato dalla comunità scientifica. In Danimarca, in particolare, i PFAS a contatto con gli alimenti sono banditi fin dal 2019, puntando su valide alternative al loro uso.

Da noi Veritas e il sindaco Brugnaro, interessati al business degli inceneritori di fanghi di depurazione, che “smaltiscono” i PFAS nell’aria che respiriamo, come è ormai provato, addirittura negano del tutto reagendo al comunicato del Coordinamento NO INCENERITORI che diffonde i risultati di Greenpeace, facendo titolare al Gazzettino “Veritas smentisce i comitati-Non ci sono PFAS nell’acqua”, con un completo ribaltamento della realtà.

Questa storia dei PFAS ricorda quella dell’amianto.

L’amianto è stato bandito in Italia solo nel 1992 (legge 257/92) dopo che da decenni ne era stata rivelata la pericolosità per la salute umana. Negli anni ’80 l’Italia ne era uno dei massimi produttori mondiali e non c’era verso di fare qualcosa, perché i profitti erano troppo grandi, anche se le alternative c’erano ed erano ben indicate. Fino all’esplosione della grande tragedia provocata dalla fabbrica Eternit di Casale Monferrato, con la rivelazione di decine di morti per mesotelioma, non solo tra i lavoratori ma anche tra la popolazione della città.

Anche la pericolosità dei PFAS è nota da decenni, ed è balzata all’evidenza della comunità mondiale con l’esplosione dello scandalo legato ai disastri sanitari provocati dalla fabbrica Dupont produttrice di PFOA (Teflon per le pentole antiaderenti), rivelato dall’avvocato Billot e dal film “Cattive acque”. In Italia c’è stata l’immane tragedia legata ai PFAS, con l’inquinamento irrimediabile della seconda falda acquifera più grande d’Europa e la contaminazione della popolazione di tre province venete, a causa degli sversamenti della fabbrica MitEni di Trissino, nel vicentino.

Anche per i PFAS esistono le alternative, ma i profitti sono troppo grandi…

Siro Valmassoni
Medico ambientalista, per 40 anni anche anestesista rianimatore

1 COMMENT

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here