Inavvertitamente l’anno bisesto e funesto prolunga le proprie zampe unghiate anche sul 2025. Blandamente accomodati sul divano della nostra Europa garantista, non ci siamo resi conto che le pietrose certezze su cui poggiavamo erano fondate su terreno molle. È bastato che negli Stati Uniti prevalesse un uomo come Trump, a spazzare via a colpi di decreti muscolari alcune riforme in cui la gente di buona volontà credeva eternamente, con la fede degli idealisti che oggi viene sbertucciata come un buffo romanticismo d’antan.
Addio al Green Deal, l’accordo per la rigenerazione e la salvaguardia ambientale. Il nuovo motto trumpiano è “Drill, baby, drill”, letteralmente “trivella, baby, trivella”. Un invito perentorio (anche in inglese con vaga risonanza sessuale) che il neo presidente ha adottato da Sarah Palin, l’ex governatrice dell’Alaska, maschia sgozzatrice di caribù con ostentata ripresa televisiva. Campionessa delle nuove trivellazioni petrolifere al largo della costa dell’Alaska. E per il riscaldamento terrestre? Forse basterà una dose di tachipirina.
Altri fiori compaiono nell’agenda del presidente: il ritiro dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Si ridurranno drasticamente anche i fondi e i presidi per la tutela della salute mondiale. L’OMS è l’agenzia sanitaria specializzata delle Nazioni Unite e ha il compito di coordinare la lotta planetaria alle minacce sanitarie. Sotto sotto è anche e sempre questione di soldi: Trump non accetta di contribuire per un quinto delle spese totali dell’organizzazione e forse la sua è anche una minaccia strategica per ottenere delle riduzioni.
In altre parole l’America non è più quella bonaria e democratica dell’arrivano i nostri, ma un’entità che fa della sua forza impositiva la nuova regola. Esplicitamente antepone gli interessi statunitensi, senza mediazione possibile, secondo le migliori tradizioni imperialiste. Stanziamenti di ingenti risorse militari sono previste oltre oceano (un nuovo sistema missilistico anche antinucleare, sviluppato sul modello israeliano Iron Dome).
Agli alleati europei si richiede di portare il bilancio per le spese militari al 5% del PIL. l’Italia prevede già stanziamenti nel 2025 di oltre 31 miliardi di euro per la Difesa, con una crescita netta di oltre 2,1 miliardi. Per la prima volta nella storia del nostro Paese viene dunque superata (e di gran lunga) la quota complessiva di 30 miliardi.
Eppure vale “solo” l’1,5% del PIL nazionale. Assecondando il verbo trumpiano si dovrebbe spendere in armi oltre tre volte tanto. Investimenti dissennati, in uno stato continuamente frenato dai debiti che si ripercuoteranno fatalmente e in negativo sui restanti servizi ai cittadini. Anche il diritto degli stati ad esercitare la propria legittima sovranità è rispettato solo fino a quando non ostacola le mire americane: già l’ombra prepotente si proietta sui territori danesi della Groenlandia, ricchi di risorse sotto i ghiacci, importanti anche come base militare contrapposta ai paesi asiatici. Tanto più appetibili, quanto più il disgelo procederà nel suo processo irreversibile, aprendo nuovi varchi di navigazione e di scavo.
Le “buone” notizie si susseguono incalzanti: la pena di morte aveva subito una moratoria con la presidenza Biden. Ora Trump ha firmato un ordine esecutivo a livello federale che la ripristina e, anzi, impone al procuratore generale di “intraprendere tutte le azioni necessarie e legali” per garantire che gli stati abbiano abbastanza farmaci per le iniezioni letali”.
E ancora: a livello mondiale si spendono, in queste giornate luttuose di memoria, parole dure e con giusta commozione per esecrare l’immane disastro umano, l’Olocausto, e con esso implicitamente ogni discriminazione e violenza sui deboli. Ma negli Stati Uniti dii Trump è stato dato il via libera alle retate contro l’immigrazione clandestina anche in siti precedentemente considerati “protetti”, come scuole, chiese e ospedali. Il Dipartimento per la Sicurezza Nazionale (DHS) ha abolito una disposizione dell’amministrazione di Joe Biden che prescriveva alle autorità di evitare raid in questi luoghi, spesso rifugio per i diseredati. Il governo attuale spinge gli agenti dell’immigrazione a catturare quelli che definisce, senza distinguo per i casi umani, i cosiddetti “stranieri criminali”, senza citare prove o esempi, in questa caccia crudele che ricorda altre retate maledette. Il semplice fatto di essere un immigrato irregolare, magari in cerca solo di un futuro migliore ed onesto, lo marchia con l’epiteto di criminale. La direttiva di Biden del 2021, oggi abrogata, vietava per motivi umanitari agli agenti dell’immigrazione di condurre arresti o raid in alcuni siti, senza l’approvazione di un superiore.
Anche la pelosa pietà politica di casa nostra, che impropriamente si fa bella onorando il crocefisso, rimane uno scandalo che grida vendetta: la premier Meloni stigmatizza le leggi razziali e la persecuzione contro gli ebrei, addita finalmente come responsabili anche i fascisti. Ma contemporaneamente, con un escamotage, il suo governo riporta in Libia un criminale ricercato dalla corte di giustizia dell’Aja per delitti contro l’umanità: Njeem Osama Almasri Habish, capo della polizia giudiziaria libica. Libero come un uccello. Con tanto di servizio suggellato da un aereo dello Stato Italiano. Si tratta di un uomo le cui efferatezze vanno dal trattamento crudele alla tortura, dalla detenzione illegittima alla violenza sessuale. Con le sue stesse mani è stato visto da testimoni compiere orribili omicidi a sangue freddo. Ma un simile campione va salvaguardato, per un governo sbrigativo che ha fatto della lotta all’immigrazione in Italia un punto d’onore. Costi quel che costi. I fatti? Un ministro della giustizia Nordio non dà convalida d’arresto in tempo utile ai magistrati, dopo il fermo avvenuto di Almasri ed essi sono costretti a liberarlo: in gergo si dice “per un errore procedurale”. Ma ecco pronto l’aereo per riportarlo al suo posto di aguzzino in Libia. La scusa del ministro Piantedosi fa torto all’intelligenza: “«rimpatriato a Tripoli, per urgenti ragioni di sicurezza, con mio provvedimento di espulsione, vista la pericolosità del soggetto» Formalmente e legalmente ineccepibile, moralmente sconfortante questa provvidenziale solerzia.
In fondo, tanti italiani faranno spallucce delle remore morali. A nulla serviranno le proteste dell’opposizione, scoppiate in questi giorni e le denunce ai ministri: infine sarà questa stessa maggioranza in Parlamento a dire l’ultima parola e a non concedere alcuna autorizzazione a procedere con i processi. Questo strizzare l’occhio al cerbero libico è atto gravissimo che in altri anni avrebbe scatenato le ire e le manifestazioni di un popolo ben consapevole dei limiti di pudore oltrepassati. Ma qui quel che conta è il risultato, la ragione di stato prevale in barba alle ragioni della correttezza. E di tutti gli scrupoli di coscienza, come si direbbe nei tempi bui del Mascellone dagli occhi di Medusa: “me ne frego!”.