Ad ognuno di noi sarà capitato di vedere l’alba al mare o in montagna restando rapito dalla bellezza dei colori e dalla sensazione di serenità. Meno emozione probabilmente suscita l’idea di vedere l’alba in campagna, soprattutto se la campagna è quella del territorio dove viviamo abitualmente, forse incapaci di pensare che la bellezza c’è anche in luoghi che abitano la nostra quotidianità. Ma noi possiamo ritenerci fortunati: viviamo in una Città (titolo meritatamente accordataci nel 1986 dall’allora Presidente della Repubblica ) che può coniugare spazi ampiamente antropizzati e luoghi agricoli in un equilibrio che è stato negli anni, con più o meno successo, tutelato dalle Amministrazioni che si sono succedute.
Il tempo che ci troviamo a vivere in Europa e in Italia è quello della transizione ecologica ossia del graduale passaggio a fonti di energia rinnovabili e sostenibili che coinvolge i cittadini, le istituzioni e il comparto industriale e agricolo nonché quello edile e dei trasporti. Mogliano non fa eccezione: se nel nostro territorio è in diminuzione la costruzione di impianti fotovoltaici sta invece prendendo piede quella degli impianti agrivoltaici ossia impianti che permettono l’installazione di pannelli fotovoltaici in terreni agricoli assieme a specifiche colture. E fin qui tutto bene se non fosse che spesso i terreni agricoli destinati a questo tipo di interventi si trovano in zone che rivestono importanza paesaggistica ed ambientale che richiederebbe maggior attenzione e tutela.
Nello specifico in queste settimane si sta dando ampio risalto all’ipotesi di costruzione di un impianto agrivoltaico in via Massimo D’Azeglio nella frazione di Marocco: presentato dalla società Alfa Toro Srl prevede l’installazione di 17850 pannelli in un’area di 5,5 h. all’interno di un’area di 17,45h.
Area che si trova a ridosso di quello che si può definire “corridoio ecologico” di importanza sia paesaggistica che ambientale. Il comitato di cittadini sorto per contrastare il via libera al progetto si è attivato per sensibilizzare l’Amministrazione, altri cittadini e le associazioni ambientaliste per presentare delle osservazioni che evidenzino che l’area scelta deve ritenersi non idonea alla nascita di un tale progetto.
Il problema è proprio questo: perché una volta che i decreti legge e di conseguenza le Amministrazioni locali hanno evidenziato i criteri per definire le aree idonee (ex cave o svincoli autostradali ad esempio) è possibile che si verifichino casi come questo in cui i terreni (non idonei) andrebbero tutelati invece che sfruttati? In particolare questo progetto sembra presentare più criticità che punti di forza e pone la spinosa questione di quanto il perseguimento della transizione ecologica debba essere anteposto alla tutela delle aree agricole inserite in contesti sensibili da un punto di vista urbanistico, ambientale e paesaggistico.
Ampliare l’adesione a progetti per sfruttare le energie rinnovabili in un territorio come quello moglianese che ha zone di pregio da salvaguardare impone in modo importante quindi la definizione del concetto di aree idonee e di aree non idonee soprattutto alla luce della tutela e della riduzione dell’impatto degli interventi antropizzanti. Non è un rifiuto a priori delle energie rinnovabili ma la necessità di mantenere un equilibrio fra la giusta ricerca di sviluppo ambientale con la salvaguardia di ciò che di bello artisticamente e a livello paesaggistico il territorio contiene. E’ necessaria un’attenzione molto alta perché non si sviluppino casi di speculazione delle società energetiche e una conseguente svendita dei terreni agricoli.
In questo caso la mobilitazione intorno a quanto dovrebbe sorgere in via D’Azeglio è importante: non solo le osservazioni presentate in Regione dal comitato, l’Amministrazione comunale e da Salviamo il paesaggio ma anche una raccolta firme che sta mobilitando centinaia di cittadini preoccupati per quanto sta accadendo.
Transizione ecologica si, dunque, ponendo però attenzione alla morfologia del territorio in cui va ad insistere: non possiamo permettere che il “a qualunque costo” diventi giustificazione per scempi ambientali ed artistici.