Sempre più spesso i media propongono variegati e sofisticati consigli su come preparare pietanze per tutti i gusti e per tutte le età. Negli ultimi anni si è pure notato che l’uso della carne e dei suoi derivati ha subito una consistente diminuzione. Per i salutisti una cosa è certa: «seguire una dieta varia e bilanciata, ricca di frutta, verdura e cereali integrali e povera in carne, grassi animali, sale, zuccheri e prodotti raffinati è una buona strategia per la salute».

Ludwig Feuerbach [1804-1872], filosofo tedesco, critico del pensiero religioso, ispiratore di Engels e Marx, nel libro “L’uomo è ciò che mangia” ha scritto: «La teoria degli alimenti è di grande importanza etica e politica. I cibi si trasformano in sangue, il sangue in cuore e cervello; in materia di pensieri e sentimenti. L’alimentazione umana è il fondamento della cultura e del sentimento. Se volete far migliorare il popolo, in luogo di declamazioni contro il peccato, dategli una alimentazione migliore. L’uomo è ciò che mangia».

Le diverse religioni, già dalle loro origini, hanno previsto per i propri fedeli rigidi dettami da seguire. Ieri come oggi, essi prevedono nel mangiare e nel bere azioni cariche di un forte significato sacrale. Gli alimenti non sono visti solo come sostanze che contengono principi nutrivi e non possono essere le uniche chiavi di lettura per interpretare il cibo. Il legame tra la natura, il cibo e la sfera del sacro diviene quindi un campo affascinante quanto ancora in parte inesplorato. Certamente il cibo è per le religioni un valore oltre che una sostanza che facilita e predispone alle relazioni tra gli uomini. Esso realizza anche l’incontro con la divinità e con la natura di cui l’uomo è parte integrante. Ogni religione impone che il rapporto tra creatura e Creatore e tra natura e uomo si declini attraverso mediazioni simboliche e il cibo, tra queste, costituisce un potente paradigma. Abituati come siamo a consumare il cibo in fretta, da soli, in piedi e spesso compiendo contemporaneamente altre azioni, le religioni ci ricordano uno stile di vita completamente diverso da quello odierno. Esse considerano il cibo un dono del Divino e della natura, il che dovrebbe richiamare tutti alla consapevolezza del nutrirsi, a non dare per scontata la disponibilità del cibo e a non ridurre i pasti a una successione di gesti automatici. Numerose sono le azioni di lode, benedizione, ringraziamento e preghiera sul cibo e per il cibo. Inoltre, tra le pratiche alimentari che accomunano diverse religioni troviamo, nelle loro specificità, l’invito all’astinenza ed al digiuno. Come il consumo di cibo, anche la rinuncia ad esso ha un valore sacrale e spesso comunitario, esso è incontro con il divino ed unione con gli altri credenti.

Oltre alla condivisione di un pasto, ai fedeli infatti viene anche richiesto di rispettare insieme un tempo di digiuno, in cui si porta attenzione al sacro e all’appartenenza a una collettività durante il vivere quotidiano. Spesso si pone anche l’accento sulla consapevolezza che il cibo è un dono che molti non hanno; sentire la fame può aiutare a essere più generosi con chi non può permettersi neppure un pasto al giorno. Anche le festività sono l’occasione per ricordare che l’uomo vive in uno spazio ed in un tempo in cui ci si relaziona in qualche modo con la Divinità. Esse sono però, al tempo stesso, un invito a non dimenticare l’opera del Creatore e gli impegni che gli uomini hanno verso ciò che li circonda. Nelle feste è quindi presente una vera e propria specificità alimentare, che contraddistingue il menù festivo dal consumo di cibo quotidiano. Gli alimenti consumati, quindi, rimandano spesso al significato religioso della festività e/o ai cibi indicati nei testi sacri. In tutte le religioni, infatti, l’alimentazione assume un ruolo di fondamentale importanza ed ognuna di esse indica delle prescrizioni che ogni fedele deve seguire. Nella nostra società sono piuttosto frequenti i casi di riunioni conviviali in cui sono presenti persone di differenti religioni; in queste circostanze si possono creare situazioni di disagio superabili conoscendo il credo religioso dei propri amici e sapendo cosa possono o non possono mangiare.

L’Ebraismo è la più antica religione monoteista del mondo occidentale che fondamentalmente ritiene l’uomo vegetariano e consente il consumo soltanto di alcuni alimenti di origine animale ed in particolare degli animali ruminanti che hanno lo zoccolo spaccato. È quindi consentito mangiare carne [e latte] dei bovini, degli ovini e del capriolo. È consentito il consumo dei volatili ed anche dei pesci, ma soltanto quelli con pinne e squame. È proibito il consumo di carne dei suini [cinghiale e maiale] e del coniglio. Molto importante è il metodo di macellazione, denominato Kosher, che deve essere rapido, il più possibile indolore e deve assicurare il dissanguamento completo degli animali perché è proibito mangiare il sangue. Anche la cottura deve avvenire nel rispetto di norme e tra queste deve essere evitata la cottura delle carni insieme al latte. Non esistono limitazioni al consumo di alimenti di origine vegetale ed il consumo di bevande alcoliche è consentito.

La Religione Cristiana, da un punto di vista alimentare sembra essere la più permissiva. Non ci sono alimenti preclusi; esistono però delle norme relative al digiuno e all’astinenza durante la Settimana Santa. Inoltre, il venerdì di tutte le settimane di Quaresima è proibito il consumo della carne. Stesso divieto riguarda il Mercoledì delle Ceneri.

La Religione Islamica proibisce la carne di maiale e suoi derivati [salumi ed insaccati crudi o cotti]. È consentito il consumo di carne bovina purché la macellazione avvenga con il metodo Halal che deve limitare al massimo la sofferenza degli animali e garantirne il dissanguamento. Sono proibite le bevande che si ottengono dalla fermentazione [vino, birra, aceto]. È anche proibito mangiare pane e dolci preparati con strutto e contenenti liquori anche in piccola quantità̀. Durante il mese del Ramadan da due ore prima dell’alba a due ore dopo il tramonto è previsto il digiuno, ad eccezione dei bambini che sono esentati fino alla pubertà. Gli Sciiti ed i Sufi considerano l’alimentazione vegetariana come una regola di vita.

Gli induisti, ritenendo sacra ogni forma di vita animale sono rigorosamente vegetariani. In particolare, la mucca è considerata sacra. L’alcol è proibito ai bramini e ai sacerdoti. Durante le vigilie di numerose ricorrenze sacre è previsto il digiuno. Prima di invitare a pranzo o a cena un induista è quindi bene verificare questa evenienza ed eventualmente cambiare il giorno dell’invito.

Secondo la regola del Buddha essere vegetariani è indispensabile per raggiungere saggezza e compassione. Tuttavia, dopo la sua morte i discepoli ammorbidirono questa posizione e i buddisti di oggi non hanno limitazioni particolari. Solo i monaci Zen hanno mantenuto un regime alimentare rigorosamente vegetariano. Una ritualità alimentare condivisa anche da molti atei e agnostici è rappresentata dal vegetarianismo. Le sue origini risalgono ai movimenti religiosi risalenti al VI secolo a. C. In età moderna il vegetarianismo si è diffuso soprattutto in Inghilterra. L’esclusione della carne si configurò come protesta nei confronti del colonialismo europeo, ritenuto colpevole di sfruttare uomini e animali per saziare la smania di lusso dei conquistatori.

I vegani invece hanno avuto origine il primo novembre del 1944, quando Elsie Shrigley e Donald Watson abbandonano la Vegetarian Society e inventarono un termine nuovo per distinguersi. Ritennero necessario non imporre solo la rinuncia della carne, ma anche di latte, uova e derivati. La loro non è una questione dietetica ma etica. Il veganesimo è diventato uno stile di vita filosoficamente ispirato e riguardante la complessità di tutto il vissuto personale. È così importante il rispetto delle tradizioni alimentari che le Nuove Regole Penitenziarie Europee stabiliscono che le condizioni detentive che violano i diritti umani non possono essere giustificate dalla mancanza di risorse. Ne deriva che ai detenuti è riconosciuto il diritto di beneficiare di un regime alimentare che tenga conto anche della loro religione e della loro cultura oltre che il diritto di libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Inoltre, si stabilisce che nelle mense delle strutture pubbliche [ospedaliere, scolastiche…] devono essere somministrati, previa richiesta degli interessati, anche pasti senza glutine. La Carta dei diritti del malato, prevede che al paziente sia riconosciuto anche il diritto ad un’alimentazione adeguata. Lo stesso recita: «Ha diritto ad essere assistito e curato con premura e attenzione, e rispettato nella propria dignità e nelle proprie convinzioni filosofiche e religiose».

Il rispetto delle prescrizioni religiose alimentari consente di evitare possibili fenomeni di discriminazione, contribuendo invece a realizzare migliori processi di integrazione ed inclusione sociale.

Gianni Milanese
Sono nato a Mogliano Veneto nel 1946. Dopo una lunga carriera militare mi sono dedicato alla libera professione come Consulente di Direzione ed Organizzazione, attività che ancora oggi svolgo con grande passione nell’ambito dello Studio Milanese®. Scrivere rappresenta per me un hobby come il Nordic Walking, la Barca a vela, la musica Jazz e l’impegno nel Volontariato. Ho scritto alcuni racconti lunghi e numerose poesie. Ma, fondamentalmente, quando mi metto alla tastiera lo faccio per me stesso e per chi sa ancora accendere la miccia dei sentimenti cioè per coloro che soffrono o gioiscono e che, come me, nello scrivere vivono una seconda vita. In tale ottica la mia scrittura non può essere giudicata come scontata, perché l’esistenza non lo è mai. Secondo me un racconto per toccare le corde deve essere dolceamaro come appunto lo è la vita. Dal 2021 collaboro con il mensile di attualità, cultura e società L’ECO di Mogliano e con altri periodici [Trevisani nel Mondo, D&V…]. Vivo e lavoro a Villorba, ridente cittadina a nord di Treviso, nel comprensorio del Parco naturalistico del fiume Storga.

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