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Strano il percorso di Francesca. Calabria, Mogliano, Carnia. Una verticalità geografica che è diventata libro. Sto scrivendo di Francesca Campolo, nostra ex vicesindaco, e del libro “Siamo leoni nel bosco” che ha pubblicato.

Francesca nonostante il suo peregrinare giuliano (Trieste) e friulano (Pordenone) ha lasciato un pezzo di cuore a Mogliano dove ha corrispondenza e affetto con un folto gruppo di amiche, di sodali e molte avventure amministrative. Gloriose e nello stesso tempo amare.

Ma è del libro che vogliamo scrivere, di questo ritratto innamorato della Carnia, di questo angolo di confine, di questa terra aspra fortunosamente sfuggita all’onnivoro turismo e all’appiattimento del tipico del perbene.

La Carnia è ancora misteriosa, selvaggia e quel che basta con un fondo di ostilità per tutto quello che sale dalla pianura. Oppure entri nelle sue corde: le corde tese di una lingua, di tradizioni e di storie che permeano le sue valli. E Francesca, straniera coraggiosa e rispettosa, c’è riuscita.

Un amore nato da una casa. A Muina, una frazione di Ovaro “porta della valle di Gorto, cullata tra i verdi prati e circondata da alte cime”. Già dal primo giorno nella cerimonia del Licof, una sorta di inaugurazione festosa con le maestranze e i vicini, ecco comparire i gomitoli del Braulin “è piccolo, scuro, vivace ed è presente ovunque. Gli piace aggrovigliare di nascosto le corde e i capelli”. Sono proprio loro, Aura Guerrino Savina a riempire le pagine di trame e leggende “con un po’ di rimpianto e nostalgia”.

Nel libro ci sono anche le storie brutali come quella dell’invasione cosacca del ’44, una incredibile “Repubblica russa” nella Carnia controllata dai nazisti o quella della Repubblica partigiana di Ampezzo dove per la prima volta le donne conquistarono il diritto di voto. Donne incredibili, le carniche, instancabili portatrici che rifornivano in alta montagna, con le gerle pesanti, la prima linea nella Grande Guerra. Gerle piene di cibo, ma anche di munizioni. E che, particolare atroce, portavano giù anche i poveri corpi dei caduti.

La Carnia che Francesca ci dipinge con tocco realista è anche quella del lavoro. Dei “cramars” che partivano con le loro scatole ovali verso l’Austria, la Baviera e vendevano le spezie, stivate con cura nei cassettini dei loro zaini di legno. Ma qui ci sono anche le prime cooperative socialiste e cattoliche del latte, i minatori sindacalizzati e un’agricoltura che adesso definiremmo “eroica”. Ma allora si combatteva, ad armi impari, la povertà. La miseria che spingeva le donne a vendere i propri capelli agli ambulanti della pianura.

Nel libro la lingua “cjarniel” è coccolata e citata e anche a noi viene voglia di ascoltare Francesca mentre ci descrive le gesta (e la tragedia) dell’Ors De Pani.  

Chissà, forse sì. Forse Francesca tornerà a leggerci intrigante qualche pagina anche qui a Mogliano. La aspettiamo. Mandi.

Otello Bison
Otello Bison scrive a tempo pieno dividendosi tra narrativa e divulgazione storica. Collabora al “ILDIARIOONLINE.IT” su temi ambientali e locali.

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