Una delle parole chiave per raccontare la cosiddetta “dolce vita” degli anni Cinquanta è spider, cioè quel tipo di automobile sportiva con il tetto apribile (a tutti i costi da evitare l’orribile francesismo decapottabile), meglio se fornita di un motore in grado di dare sensazioni forti.
È un periodo che si lascia definitivamente alle spalle le privazioni del dopoguerra e la spider ben rappresenta lo stile di vita di certe fasce sociali benestanti o presunte tali che correvano spensieratamente sulle nuove autostrade italiane con il vento nei capelli e il sole in fronte in una sorta di corsa al benessere che sembrava non dover aver mai fine.
Simbolo nella memoria collettiva di questa effimera epopea resta il cialtronesco Bruno Cortona (uno straordinario Vittorio Gassman) del film di Dino Risi Il Sorpasso (1961) che con la sua strombazzante spider Lancia Aurelia B24 trascina il timido Roberto (Jean-Louis Trintignant) nelle località balneari alla moda infischiandosene dei limiti di velocità e dei divieti di sosta, sempre a caccia di gonnelle.
La spider, dunque, come sogno proibito, ma neanche tanto, per gli industrialotti del boom con assegno facile e persino per i medi e piccoli professionisti. E tra le spider di allora la vera protagonista di quelle felici estati di tanti anni fa resta l’Alfa Romeo Giulietta Spider (1955), vettura talmente bella che ha rischiato paradossalmente di non nascere mai se non fosse stato per le insistenze di un americano.
Ma occorre come sempre fare un passo indietro e tornare al 1954 quando l’Alfa Romeo (allora controllata dall’IRI) lancia sul mercato la sua nuova vettura media destinata a sostituire la vecchia 1900 e per la prima volta nella sua storia decide di darle un nome anziché una sigla numerica: Giulietta.
Sulla genesi di questo nome scespiriano la versione più accreditata vuole che si debba alla moglie francese del poeta Leonardo Sinisgalli, allora consulente per l’immagine del gruppo Finmeccanica, che in un locale parigino di boulevard des Capucines raggiunse il marito e alcuni colleghi ed esclamò “Siete otto Romeo e non c’è neanche una Giulietta!” e questo nome riapparve quando si trattò di battezzare la nuova vettura.
Nell’aprile del 1954 dunque venne lanciata la prima Giulietta ma contrariamente alla consuetudine la versione berlina (in ritardo nei collaudi) venne anticipata da quella sportiva: la Giulietta Sprint. Si trattava di una magnifica coupè disegnata da Bertone ed equipaggiata con il leggendario quattro cilindri bialbero di 1.290 cm³ da 65 cavalli che resterà per anni un must della casa milanese.
Il successo fu immediato anche perché le prestazioni della vettura erano straordinarie (oltre 155 Km/h) e la Sprint divenne in tutti i sensi l’auto del boom, seguita nel 1955 dalla Giulietta berlina che ebbe altrettanto successo e risollevò le sorti dell’Alfa Romeo.
E a questo punto entra in scena il misterioso americano di cui si accennava sopra. Si tratta di Max Edwin Hoffman, ex pilota da corsa, costretto dal nazismo a lasciare l’Austria per gli Stati Uniti e divenuto in pochi anni l’importatore di riferimento per le case europee.
Profondo conoscitore del mercato, Max orienta le politiche commerciali, suggerisce specifici modelli e variazioni di stile tanto che dai suoi consigli nascono alcune tra le auto sportive più ammirate di sempre come la Porsche 356 Speedster o la Mercedes 300 SL.
Hoffman chiede a Milano una versione spider appena subito dopo il lancio della Giulietta Sprint perché sente che quella può diventare l’auto perfetta per la Pacific Coast, Hollywood in testa. Ed è talmente convinto che si offre di acquistarne subito almeno 600 senza nemmeno vedere i disegni preliminari.
Superate le prime perplessità per una versione non prevista la dirigenza Alfa Romeo mobilita i due carrozzieri (come usava dire allora) più importanti del momento, Bertone e Pinin Farina. Alla fine, viene preferita la proposta di quest’ultimo, disegnata da Franco Martinengo, per l’elegante equilibrio delle forme, la linea semplice e filante allo stesso tempo.
La Giulietta Spider si impone subito non solo come la più bella ma anche come l’auto più prestante della sua categoria tanto che non c’è spider inglese MG o Triumph che le stia alla pari, soprattutto dopo l’introduzione della versione Veloce da 80 CV. Costa al lancio 1.700.000 lire e resta nei listini fino al 1962 quando, dopo circa 17.000 esemplari, sarà sostituita dalla Giulia Spider, praticamente la stessa vettura ma con motore 1600.
Il mito dello spider all’italiana verrà poi ripreso a livello planetario nel 1967 dalla rossa Alfa Romeo 1300 Duetto del film Il laureato, guidata da un altro americano che di cognome faceva Hoffman. Quando si dice il caso.
Treviso 17 07 2024 – grazie di questo interessantissimo contributo…