Concepita per aprire la strada ad un nuovo concetto di automobile, questa vettura non ebbe il successo atteso ma quarant’anni fa è diventata una star del cinema.
Per una volta non parliamo di automobili che hanno fatto la storia sociale o influenzato le tendenze tecniche o stilistiche di un’epoca.
Questa è invece la storia di un fallimento commerciale diventato un successo planetario.
Tutti ci siamo divertiti con il geniale film di Robert Zemeckis Ritorno al futuro del 1985 e tutti ricordiamo la strana automobile piena di aggeggi alimentata a plutonio costruita dal vulcanico Doc Emmett Brown capace di portare Marty McFly nel passato per cercare di modificare il suo squallido presente. Ebbene, quanti sanno che quella vettura sconosciuta con la strana sigla DMC davanti non era stata appositamente costruita per il film ma era il risultato della ambiziosa scommessa di un personaggio incredibile che rispondeva al nome di John Zachary DeLorean?
Tutto cominciò nei primi anni Settanta quando la crisi petrolifera aveva iniziato a creare una nuova sensibilità verso le problematiche ambientali e più in generale verso il modo di concepire l’automobile. Diventato a 44 anni il più giovane presidente nella storia della Chevrolet, DeLorean si era reso conto prima di altri che l’automobile del futuro avrebbe dovuto essere sicura, economica da produrre, consumare poco, resistere al tempo e di cilindrata relativamente contenuta rispetto alle imponenti vetture assetate di benzina prodotte a Detroit. Così nel 1973 prese una decisione estremamente coraggiosa, lasciò un impiego lautamente retribuito e decise di fondare una propria società per costruire lui un’automobile d’avanguardia.
Nel 1974 contattò l’Italdesign di Giorgetto Giugiaro (sempre lui!) che iniziò a definire le linee della nuova coupé nel marzo del 1975: per esplicita richiesta di DeLorean la vettura avrebbe dovuto avere le portiere incernierate sul tetto che si aprivano ad “ala di gabbiano” come la mitica Mercedes 300SL degli anni Cinquanta.
Il designer italiano, secondo uno stile allora di moda, disegnò una silhouette a cuneo, pulita e filante e un abitacolo luminoso con dotazione sportiva ma funzionale. Per rispettare le severe norme statunitensi in materia di sicurezza la carrozzeria era formata da un sandwich con un guscio esterno in acciaio inox spazzolato e non verniciato (che garantiva dalla ruggine ed eliminava i costi dei cicli di verniciatura) con al suo interno resine espanse e materiali che garantivano protezione in caso di urti oltre ad un’ottima insonorizzazione. Anteriormente e posteriormente erano previsti due soft-nose in materiale morbido per l’assorbimento degli urti. Criteri progettuali che cinquant’anni fa rasentavano la fantascienza.
Come motore, posto a sbalzo dietro l’asse posteriore, venne scelto un più tradizionale 6 cilindri a V della PRV (Peugeot-Renault-Volvo) di 2.800 cc. da 137 CV, non proprio un fulmine di guerra ma comunque capace di spingere la vettura a oltre 200 Km/h con un consumo di 10,7 litri per 100 Km, basso se confrontato con gli standard americani. Fin qui il progetto. Dal 1974, data di fondazione della DeLorean Motor Cars, passarono però diversi anni prima del debutto ufficiale della vettura avvenuto al Salone di Ginevra nel marzo del 1981. Questi ritardi erano dovuti ai grossi problemi economici dello spregiudicato DeLorean che aveva fatto il classico passo più lungo della gamba e con difficoltà riusciva a procurarsi i fondi necessari, tanto è vero che solo nel 1978, grazie ad un finanziamento del governo britannico, riuscì ad avviare la costruzione dello stabilimento di produzione a Dunmurry in Irlanda del Nord da dove il 21 gennaio 1981 uscì il primo esemplare della nuova vettura denominata DeLorean DMC 12.
Al momento del lancio il prezzo era però lievitato a 25.600 dollari, ben lontani dai 10.500 dollari previsti inizialmente che avrebbero dovuto essere un incentivo importante alle vendite. Se si pensa che una Chevrolet Corvette, una delle supercar di allora, costava circa 17.000 dollari e se a questo aggiungiamo che le prestazioni non erano proprio all’altezza di una sportiva così ambiziosa e che i primi esemplari denotavano mediocre qualità costruttiva e scarsa affidabilità meccanica dovuta alla fretta del debutto, era facile prevedere che la nuova vettura avrebbe avuto una vita commerciale difficile.
E così fu.
Alla fine del 1981 ne erano state vendute solo 3.000, dieci volte meno delle 30.000 necessarie per mantenere i conti in attivo. Il destino della giovanissima azienda era ormai segnato, tanto che nel 1982 venne messa in mano a un curatore fallimentare, la produzione terminò nel dicembre di quell’anno per un totale di circa 8.700 esemplari e lo stesso DeLorean venne messo definitivamente fuori gioco da una accusa di traffico di stupefacenti da cui sarà in seguito totalmente scagionato.
E qui finisce la prima parte della storia di questo magnifico fallimento.
La seconda inizia nel 1984 quando Robert Zemeckis, in cerca di un’automobile adatta per il suo nuovo film che prevedeva un viaggio nel tempo, fu attratto dalla finitura in acciaio spazzolato e dalle porte ad ali di gabbiano della DeLorean DMC 12.
La produzione ne acquistò tre esemplari per 50.000 dollari, una delle quali doveva servire come fonte di ricambi mentre le altre due vennero modificate con sovrastrutture fantascientifiche. Rimossi lunotto e finestrini posteriori, sopra la paratia che copriva il motore venne costruito con tubi, generatori e molle quello che doveva sembrare un piccolo reattore nucleare mentre l’abitacolo si riempì di indicatori digitali, cavi e strumenti vari. Tocco finale: un tubo al neon si accendeva sotto al pianale al momento di compiere il balzo temporale.
Quale sia stato il risultato finale lo sappiamo tutti: un successo clamoroso del film e anche degli altri due prodotti subito dopo tanto che la DeLorean DMC 12 è da quel momento diventata un’icona cinematografica conosciuta in tutto il mondo.
Davvero un destino beffardo per un’automobile concepita per guardare al futuro e diventata invece famosa per aver viaggiato nel passato.