Questa era una rubrichetta ironica e un po’ saputella. Dopo “verticale” toccava a “narrazione”, parola abusata nella nostra politica quotidiana. E invece per la seconda volta ho cambiato il finale perché… beh, tra un minuto lo vedete. Lascio il primo pezzo com’era mentre la comicità in questi giorni montava e superava a piè pari la realtà.
Parte prima – “Narrazione” in politica è arrivato con Vendola. Chi si ricorda la sua erre blesa? Con lui questa parola è uscita dalla simil-letteratura ed è piombata in politica che non l’ha più mollata. Si può anche dire “narrare o narrativa”, vietato dire storia. Raccontare storie in politica vuol dire raccontare balle, meglio evitarlo. Piuttosto è meglio ripiegare su “storytelling” che è la stessa roba ma suona meglio.
Nessun discorso da Bar Sport contro la politica ma una timida protesta contro l’invadenza di questo mondo sul linguaggio altrui. Contro “l’invasione di campo” “il campo aperto, sgomberare il campo da…”, l’agricoltura è di fatto estromessa. Chi ha cominciato? Un agronomo? No: lui, il Cavaliere. Vi ricordate nel 1994 “la discesa in campo?” Ma torniamo indietro. Tenerezza verso la frase politichese che ha sfidato la logica e la geometria: “le convergenze parallele” inventate da quel genio che fu Aldo Moro. Sostituito al ribasso dal “celodurismo” di Bossi. Fu l’inizio di una moda, doppiogiochismo, cerchiobottismo e vai di “ismo”
E se il politichese sconfinasse pure nel nostro quotidiano? Ad esempio: il vostro commercialista è un “faccendiere”? Vostra moglie è “una gioiosa macchina da guerra”? (variante, il marito di Kamala Harris in questi giorni l’ha definita una guerriera gioiosa). Tra i vostri parenti c’è un “inciucio” ai vostri danni? A casa c’è bisogno di un “rimpasto”? Al bar voi e i vostri amici rappresentate “lo zoccolo duro” della clientela? Vado avanti?
E comunque la malattia, il tarlo, dell’anglicismo è arrivato anche qui e fa danni. “Assist, endorsement” sotto le elezioni vanno molto ma ormai sono obbligatorie anche “governance, meeting, welfare” e così via se non riuscite a terminare qualcosa potete cavarvela dicendo che è un “working in progress” e che la “road map” è in salita…
Facciamo i seri e studiamo. Il linguaggio politico si è evoluto (involuto) negli ultimi decenni. Prima, abbiamo citato Moro, parlava difficile, astruso; adesso il politico parla o cerca di imitare il linguaggio comune, i linguisti parlano di “gentese”. Nei social i politici mangiano la porchetta e hanno i gattini. Diffidate.
Parte seconda – La conclusione voleva citare un vecchio episodio esilarante della politica moglianese e invece arriva lui, il ministro, e la signora che…strabiliano. Sapete tutto, immagino, ecco però, dulcis in fundo nell’intervista dell’altro giorno la dichiarazione di lei che rivendica la propria versione:”…Ma a questo governo non andava bene, vogliono altre narrazioni.”
Ve l’avevo detto, la narrazione continua.