La legge europea per il ripristino della natura, entrata in vigore il  18 agosto 2024, impone ai paesi dell’Ue di ripristinare gli  “habitat degradati” dando priorità alle zone di Rete Natura 2000.

L’obiettivo di “ripristinare  spazi naturali” si salda all’altro obiettivo dell’Unione Europea: la mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici. 

Gli Stati nazionali dovranno predisporre e presentare alla Commissione Europea entro due anni dall’entrata in vigore della legge (quindi entro il primo semestre del 2026) dei “piani nazionali di ripristino di habitat degradati”.

Le misure individuate devono favorire il ripopolamento di specie animali e vegetali in via di estinzione e migliorare e ampliare gli habitat.

Tutto ciò non sta accadendo nell’area dei laghi di Revine, dove i comuni di Revine e Tarzo vogliono ridurre la naturalità in due zone dei laghi sopravvissute alla già pesante antropizzazione.

È un evidente “accanimento antropocentrico” nei confronti di due piccoli laghetti, di appena 0,5 km2 il lago di Lago e 0,4 km2 il lago di Santa Maria: il  comune di Tarzo con un folle progetto di passerelle e di una piattaforma galleggiante sul lago di Lago, il comune di Revine con una variante al piano degli interventi a ridosso delle rive del lago di Santa Maria.

La Soprintendenza e il Servizio Biodiversità della Regione devono quindi, in sede di VINCA (Valutazione di Incidenza Ambientale), considerare e valutare con “estrema attenzione” il livello di antropizzazione già raggiunto dai due piccoli laghi e devono, altresì, negare le autorizzazioni per  qualsiasi tipo di insediamento turistico perché ciò comporterebbe  nuova e ulteriore frequentazione turistica e il conseguente  aumento del disturbo antropico all’avifauna.

Le  rive dei laghi sono  tra gli  ambienti umidi più importanti e preziosi in quanto sono siti di riproduzione per pesci, anfibi, uccelli, luogo di sosta e rifugio per l’avifauna migratrice e costituiscono l’habitat ideale per una moltitudine di animali invertebrati.

I due interventi hanno in comune lo scopo di artificializzare due zone dei laghi  che hanno  le caratteristiche naturalistiche che la legge per il ripristino della natura (Restauration Law) mira a preservare e  innescano un “potenziale processo di ulteriore degrado” dell’area naturale, proprio quello che la normativa europea vuole combattere.

Ma le caratteristiche naturalistiche del “Sito di Interesse Comunitario” (SIC) dei laghi di Revine/Tarzo, diventato dal giugno 2018 “Zona Speciale di Conservazione”(ZSC), vive già oggi una situazione di degrado, dovuta alla mancanza di una loro “gestione scientifico-naturalistica” e tutte le istituzioni (se si esclude l’l’Arpav per gli  interventi di monitoraggio costantemente ignorati dal potere politico) ne sono responsabili. Ne sono responsabili, in primis, i comuni di Tarzo e di Revine che hanno mostrato la loro incompetenza nella gestione di una “Zona Speciale di Conservazione”(ZSC) omettendo la richiesta alla Regione per un aggiornamento delle “misure di conservazione” previsto dalla “Direttiva Habitat”. Ma non solo. Gli stessi due comuni  non hanno ancora inviato, tramite la Regione, la richiesta  alla Commissione Europea di considerare l’area dei laghi “Zona di Protezione Speciale” (ZPS)  ai sensi della “Direttiva Uccelli”.

All’incompetenza palesata dai due comuni si somma la responsabilità del degrado in atto da tempo sui due piccoli laghi: per il problema della proliferazione delle alghe, per i problemi idrologici dovuti alla scarsa ossigenazione, alla mancanza di immissari e la presenza, accertata dai recenti rilevamenti Arpav, di Pfas contenuti nei pesticidi delle coltivazioni circostanti.

Prima di pensare a nuova occupazione  di  spazi naturali i due comuni e la Regione Veneto devono farsi parte attiva nella ricerca di soluzioni al degrado in atto da anni sull’area naturale dei due laghi e battersi perché eventuali soluzioni rientrino nei “piani nazionali di ripristino della natura” che  gli stati nazionali devono presentare alla Commissione Europea entro il primo semestre 2026. Purtroppo manca una conoscenza del fragile equilibrio ecologico dell’ecosistema dei laghi.

Se il Ministero dell’Ambiente, la Regione e la Soprintendenza, prima di concedere autorizzazioni per ulteriore antropizzazione delle sponde con  il conseguente ulteriore degrado, lasciassero  per un momento i loro uffici e venissero a vedere con i loro occhi in quale stato di sofferenza biologica versano i due laghetti potrebbero constatare quanto sia superficiale la  rappresentazione degli effetti sull’ecosistema  dei laghi dei progetti urbanistici proposti.

Se le istituzioni facessero uno sforzo  conoscitivo sulle condizioni reali di un sito di Rete Natura 2000, in una visione integrata e d’insieme, scoprirebbero come l’unico intervento da autorizzare sarebbe la demolizione dell’ecomostro del lago di Santa Maria: un “monumento a memoria” di una catena antropica votata al degrado irreversibile dei due  piccoli laghetti.

Poi, se si parla di “biodiversità” non si può non ricordare come i laghi di Revine e di Tarzo siano l’unico “specchio d’acqua naturale” in provincia di Treviso.

Di cosa hanno ancora bisogno le istituzioni per comprendere quali siano le priorità? Perché la popolazione locale non possa avere voce in capitolo, tramite un referendum, circa la realizzazione di tali progetti i cui esiti sono irreversibili.

La Restauration Law deve essere un “principio ispiratore per il presente” e non solo un proclama di generici impegni futuri. Cos’è il degrado di un ambiente se non  la perdita delle sue caratteristiche originarie e della sua identità biologica. 

Dante Schiavon
Laureato in Pedagogia. Ambientalista. Associato a SEQUS, (Sostenibilità, Equità, Solidarietà), un movimento politico, ecologista, culturale che si propone di superare l’incapacità della “classe partitica” di accettare il senso del “limite” nello sfruttamento delle risorse della terra e ritiene deleterio per il pianeta l’abbraccio mortale del mito della “crescita illimitata” che sta portando con se nuove e crescenti ingiustizie sociali e il superamento dei “confini planetari” per la sopravvivenza della terra. Preoccupato per la perdita irreversibile della risorsa delle risorse, il “suolo”, sede di importanti reazioni “bio-geo-chimiche che rendono possibili “essenziali cicli vitali” per la vita sulla terra, conduce da anni una battaglia solitaria invocando una “lotta ambientalista” che fermi il consumo di suolo in Veneto, la regione con la maggiore superficie di edifici rispetto al numero di abitanti: 147 m2/ab (Ispra 2022),

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