Un ettaro di suolo naturale è in grado di assorbire fino a 3 milioni e 800.000 litri di acqua piovana (Paolo Pileri, “Cosa c’è sotto”, Altreconomia). Grazie ai 13.079 ettari che dal 2006 al 2022 (Dati Ispra) sono stati cementificati e asfaltati in Veneto sono 49 miliardi 700 milioni e 200.000 i litri di pioggia che non possono essere assorbiti dal suolo.
Una quantità enorme di acqua meteorica che non può essere assorbita dalla terra e che crea due opposti fenomeni estremi: lo scorrimento superficiale e l’evaporazione dell’acqua (e la perdita della possibilità di immagazzinarla nel sottosuolo) o gli allagamenti di case e cantine.
In un paese come l’Italia, proprio per la sua conformazione orografica e l’alta densità di popolazione, per soddisfare il bisogno di spazi produttivi e residenziali il “governo del territorio” doveva basarsi su una stringente pianificazione urbanistica comprensoriale, intercomunale, regionale (di dove e come edificare) connessa ad una lungimirante programmazione di servizi sociali, sanitari, amministrativi, di trasporto pubblico (su ferrovia) che evitassero in Veneto l’attuale fenomeno dello spopolamento delle zone periferiche e ultraperiferiche rispetto ai grandi e medi agglomerati urbani. In Veneto ha prevalso il “malgoverno del territorio” perché la politica ha latitato o ha intrallazzato con la “rendita fondiaria e immobiliare” che di fatto ha finito per governare il territorio al posto della politica.
A farne le spese è la collettività a cui è stato sottratto il “servizio ecosistemico”, fornito gratuitamente dal suolo, di drenaggio dell’acqua meteorica. Tale mancanza di lungimiranza, un requisito essenziale della buona politica, sta determinando la congestione urbana nei centri urbani più grandi e lo spopolamento delle zone interne e dei centri urbani minori, tanto che nel 2019 il censimento Istat registrava, a livello nazionale, 10 milioni di abitazioni vuote: più della metà concentrate nelle zone periferiche e ultraperiferiche. Questo significa che stiamo asfaltando e cementificando gli ultimi spazi verdi nonostante sia in atto un sensibile calo demografico accompagnato dall’invecchiamento della popolazione.
Tutta l’intera classe partitica dovrebbe obbligatoriamente sapere, anziché straparlare di “bombe d’acqua” o di “eventi eccezionali”, che l’acqua meteorica almeno fino a 40 anni fa trovava superfici naturali drenanti, permeabili, fatte di prati che agivano in sinergia con le radici degli alberi e trovava chilometri e chilometri di piccoli canali e piccoli e grandi fossati ora “tombinati” da una disordinata cementificazione. Se fino agli anni 90 poteva non esserci la “consapevolezza” sul valore del servizio ecosistemico del suolo nel regolarizzare il “ciclo dell’acqua”, a partire dagli anni 2000 la mancata “consapevolezza”, oltre che viziata da malafede, è diventata “colpevolezza” di tutta la classe partitica.
Ma cari cittadini e cari elettori state preoccupati: non sentirete nessun partito impegnarsi pubblicamente e solennemente per fermare immediatamente il consumo di suolo e le pianificazioni urbanistiche che lo prevedono. Non sentirete nessun amministratore locale e nessun governo affermare: basta, facciamo subito una legge nazionale per il “consumo di suolo zero” a cui devono adeguarsi le pianificazioni urbanistiche dei singoli comuni con i loro “Piani degli Interventi” che prevedono nuova impermeabilizzazioni e nuova cementificazione del suolo.
In Veneto i Verdi e gli ambientalisti sono impegnati in una logorante lotta ambientalista frammentata in mille rivoli contro singole occupazioni di suolo e non per l’abolizione della legge regionale del Veneto che autorizza ed incentiva quelle singole e diffuse occupazioni di suolo naturale sotto forma di “deroghe”. Sentirete parlare di eccezionalità degli eventi atmosferici o verrà cavalcato emotivamente e mediaticamente lo slancio di solidarietà della gente, come non esistesse una specie di “responsabilità oggettiva” della classe partitica.
Come nel caso del comune di Dosson di Casier (anno 2022: 35,03% di suolo consumato ) che dopo aver consumato 31,19 ettari di suolo agricolo dal 2006 al 2022 (dati Ispra), con la conseguente perdita del terreno della possibilità di assorbire 118 milioni e 522.000 litri di acqua piovana, continua ancora oggi a consumare suolo utilizzando le deroghe della legge regionale veneta. E mentre prosegue la cementificazione dei pochi spazi verdi rimasti, dopo le piogge nella notte tra il 23 e 24 settembre, l’unica cosa che quel comune ha partorito è un servizio di raccolta dei beni eventualmente danneggiati dagli allagamenti (sich!).
Per non cedere ad una rassegnata disperazione bisogna obbligare la classe partitica a fermare con estrema urgenza nuovo e ulteriore consumo di suolo. In seconda battuta bisogna pretendere dalla politica che i soldi pubblici, anziché per surreali autostrade del mare o altre opere che consumano suolo fertile, vengano stanziati per finanziare piccole opere di ingegneria idraulica (pendenze, sezione degli scarichi, canalizzazioni, ecc.) che aiutino sul suolo urbano, ahimè già cementificato, il deflusso delle acque meteoriche e per la manutenzione e pulizia periodica dei tombini e dei fossati sopravvissuti. O meglio ancora, che i soldi pubblici vengano stanziati per togliere l’asfalto e creare spazi verdi drenanti su cui piantare alberi.
Treviso 17 11 2024 – Grazie di questo contributo. Teesi senz’altro condivisibili…