Se avete avuto la pazienza di interrogarvi sul tema dei preparativi per la partenza proposti la scorsa settimana, forse vi sarete chiesti: ma insomma, in che cosa consistono questi preparativi? Se sono importanti, perché nessuno ne parla mai?

Avete trovato una risposta? Se sì, vogliate condividerla con me e gli altri lettori.

Intanto vi narro che nell’essere stato a lungo al servizio di persone con problemi di vita e di salute disparati (talora disperati) le ho ben conosciute e ho compreso che tante di loro si sono spese e si spendono in questi preparativi. Senza dar loro questo nome, o rendersi conto che sono proprio questo: ugualmente, il beneficio che ne deriva circola. Perché questi preparativi consistono nel gesto attivo di amare e in quello che è ugualmente attivo di lasciarsi amare. Gesti che si concretizzano nello spendersi nella custodia di chi ci è caro e nel godere della custodia che ci viene offerta. Credo che questo tipo di preparativi innervi anche la vostra vita.

Notate che non sono compiti aggiuntivi: viviamo come naturale lavorare con cura, incontrare amici e ascoltare i loro problemi, avere pazienza e dare tempo a chi fosse in crisi, sorridere a un vicino di casa. Sono la quotidianità, non gesti aggiuntivi. Ben gestiti, contribuiscono al buon vivere, alle relazioni con il resto del mondo, ben oltre le intenzioni per il qui ed ora.

I preparativi per la partenza consistono in una saggia attenzione all’altro che ci è vicino e che sentiamo importante. È un gesto naturale e culturale, che un po’ ci è stato insegnato e un po’ lo viviamo come valore. Posso definire espressione d’amore lo scambio di questi gesti e la loro assenza come assenza di amore? Perché sono scambi affettivi, offrono positività e corroborano la voglia di vivere. Si notano nei momenti critici e sono più efficaci se li si vivevano già prima che divenissero urgenti e “finali”.

Un dramma se mancano. Bernanos scrive Non amare più è l’inferno. Verlaine scrive acutamente che L’inferno è l’assenza: è l’assenza di relazioni, di affetto, di vicinanza e parola.

Si arguisce che questi preparativi consistono nell’aver cura delle relazioni, in modo che siano affettive, piene di senso, di autenticità, esprimano e accolgano sentimenti. Insomma, si tratta davvero di amare e anche lasciarsi amare.

Se crediamo che agire così sia appagante per noi, possiamo credere che lo sia anche per gli altri: se esprimere affetto, con ascolto, parole e silenzi, gesti e presenza fa star bene noi e i riceventi di questo nostro spendersi, il saggio bilanciamento sarà accettare di essere reciprocati, amati, custoditi.

Possiamo allora pensare e agire diversamente i preparativi per la partenza. Possiamo evitare di risparmiare gesti d’affetto e di custodia, meglio essere liberali, generosi nell’offrirli e nell’accettarli.

Noi maschi siamo più restii ad accettarli… ma questa è un’altra storia.

Luigi Colusso
Medico, psicoterapeuta, è stato direttore del dipartimento dipendenze per l’ULSS di Treviso, ha portato a Treviso i CAT, gruppi per le famiglie con problemi legati all’alcol. E’ stato presidente regionale e vicepresidente nazionale della loro associazione. Nel 1999 responsabile per l’Advar del servizio per l’elaborazione del lutto fino al 2020, promuovendone il coordinamento nazionale. Ha collaborato con la LILT Treviso al progetto Stella Polare per le donne operate al seno. Nel 2015 è stato tra i promotori del Tavolo provinciale per la prevenzione dei gesti suicidari. Formatore per varie istituzioni tra cui il Centro studi Erickson, ha collaborato con l’università Cattolica di Milano e Brescia, recentemente anche di una docenza per il master di psiconcologia della Cattolica di Roma, sede di Treviso. Le due opere principali più recenti edite da Erickson sono “Il colloquio con le persone in lutto” del 2012, e a fine 2020 “Di fronte all’inatteso. Per una cultura del cordoglio anticipatorio”.

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