VENEZIA E IL GHETTO

Cosmopolitismo e segregazione.
Due vocaboli di significato diametralmente opposto che – caso unico in Italia ed in Europa – a Venezia hanno saputo convivere per più di due secoli.
VENEZIA E IL GHETTO Cinquecento anni del recinto degli ebrei

Come sia stato possibile, ce lo racconta nel suo volume VENEZIA E IL GHETTO – Cinquecento anni del «recinto degli ebrei» (Bollati Boringhieri Anno 2015, pag. 186) la professoressa Donatella Calabi, docente dal 1974 al 2004 presso l’Università IUAV di Venezia.

Dopo aver fatto una breve panoramica sui rapporti intercorsi fra ebrei e veneziani prima dell’istituzione del ghetto, l’autrice spiega l’origine della parola “geto”, a indicare fin dal XV° secolo la tassa che si doveva versare alla Repubblica per la pulizia dei rii, rive, ponti e pozzi.

Non solo quindi il luogo di scarto delle vecchie fonderie – il Geto de rame del nostro Comun’ -.

Con l’arrivo poi degli ebrei askenaziti provenienti dalla Germania, la dolce g del dialetto veneto sarebbe diventata la gh dura.

L’autrice, prima di entrare nel vivo del discorso, ci in forma su come la struttura del ghetto ricordava quella dell’Arsenale e del Lazzaretto, alle quali non poteva accedere chi non fosse autorizzato.

Eccoci quindi immersi nella quotidianità religiosa e comunitaria, ai lavori permessi, e al lavoro di diffusione del pensiero in quella che è stata la capitale del libro.

A tal proposito, l’autrice ci ricorda come lo studio della lingua ebraica sia stato apprezzato in particolare fra i nobili, attratti dalla cultura umanistica, a simboleggiare un recupero della civiltà antica.

Il racconto prosegue facendo una cronaca di come i rapporti fra le due comunità si siano evoluti a partire dal 1589, all’indomani dell’emanazione del Decreto-legge da parte del Senato della Repubblica che sanciva la libera circolazione degli ebrei, in particolare levantini e ponentini.

Poi con l’arrivo di Napoleone e la fine della Serenissima, dell’Unità d’Italia, dell’avvento del Fascismo, infine dal dopoguerra a oggi.

Un lavoro, quello della professoressa Calabi, che ha saputo rendere ancora più unico uno dei luoghi unici al Mondo.

Da appassionato di storia del ghetto ebraico di Venezia, ne consiglio caldamente la lettura, poiché come ricordato nella postfazione, ci fa capire quanto la identità ebraica sia stata e ancor oggi sia parte dell’identità europea.

Antonio Fabris
Classe 1974, da venticinque anni dipendente della Confcommercio di Treviso, vivo da sempre a Mogliano Veneto, e sono un appassionato di Storia locale. Fan di Giovannino Guareschi, lettore di libri sul Veneto, e sulla mia città, frequento, e collaboro, con il Gruppo Ricerca Storica Astori "Don Giuseppe Polo". Da un paio di anni a questa parte, mi sono appassionato anche alla storia del ghetto di Venezia, in particolare della letteratura ebraica (1558-1663).

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