Un luogo in cui la fraternità si coltiva e mostra i suoi frutti è il mutuo aiuto, è il luogo in cui “il piccolo resto” di notazione biblica trova realizzazione, l’umana realizzazione imperfetta ma efficace.

Quasi sempre lo si identifica con il “gruppo di mutuo aiuto” ma questa è una visione molto riduttiva. Il mutuo aiuto è una risposta fisiologica, naturale e molto adattabile che l’umanità ha attivato nella notte dei tempi per fare fronte alle difficoltà non superabili isolatamente.

Secondo gli antropologi le prime ad adottarlo furono donne che vivevano (in caverne o ripari costruiti intenzionalmente) con una prole così numerosa da renderne difficile l’accudimento. L’aiuto pratico delle giovani ancora impuberi e delle anziane ormai sterili fu un sollievo provvidenziale per la crescita della prole e impedire lo sfinimento delle madri

Una prima fraternità di genere: anziane con l’esperienza suggerivano le modalità più efficaci per l’accudimento e aiutavano concretamente, trovando in questo compito la motivazione per vivere e per essere accettate dalla tribù; le giovanissime avevano modo di sentirsi utili, di apprendere ciò presto sarebbe tornato prezioso come dimestichezza per accudire i propri figli.

Il mutuo aiuto si mostra come una situazione in inglese definita win – win, ossia tutti i giocatori coinvolti vincono e nessuno perde, tutti hanno interesse a mettersi in gioco, a differenza di quanto può accadere quando c’è competizione. Per questo motivo chi si coinvolge senza restrizioni mentali difficilmente esce dal gruppo, almeno fino all’ottenimento dei risultati desiderati.

Questa dimensione di gruppo spontaneo sarebbe stata la cellula attorno alla quale sarebbe sorta la comunità. Forse non è andata così ma conosciamo numerose storiche esperienze di fraternità spintanea, indotta dalla necessità, dai problemi di vita.

Se ci attiviamo con successo per trovare sodali quando siamo messi sotto pressione, significa che di norma abbiamo un potenziale performativo pronto all’uso. Pronto, evidentemente, a tornare “a riposo” cessato il bisogno, questa almeno sembrerebbe essere lo stile prevalente. È un’occasione persa per mantenere uno stile efficace.

Nel secolo scorso sono nati i gruppi di mutuo artificiali. Artificiale significa costruito da un artefice con intenzioni positive, con attenzione e competenza, alla ricerca di utilità, bellezza, possibilità di fruizione. Una protesi, uno stent artificiale fungono come naturali, anche meglio.

I gruppi sono meno diffusi di quanto meritano, perché stentiamo a concepirli come aeroporti: luoghi preziosi per prendere il volo e per poi atterrare una volta giunti a destinazione; servono strade per raggiungerli e per lasciarli, indicazioni stradali e servizi di assistenza, personale che sia al servizio dei viaggiatori – membri di gruppi.

Ma che cosa succede dentro un gruppo di mutuo aiuto? Chi lo sa già, suggerisca.

Luigi Colusso
Medico, psicoterapeuta, è stato direttore del dipartimento dipendenze per l’ULSS di Treviso, ha portato a Treviso i CAT, gruppi per le famiglie con problemi legati all’alcol. E’ stato presidente regionale e vicepresidente nazionale della loro associazione. Nel 1999 responsabile per l’Advar del servizio per l’elaborazione del lutto fino al 2020, promuovendone il coordinamento nazionale. Ha collaborato con la LILT Treviso al progetto Stella Polare per le donne operate al seno. Nel 2015 è stato tra i promotori del Tavolo provinciale per la prevenzione dei gesti suicidari. Formatore per varie istituzioni tra cui il Centro studi Erickson, ha collaborato con l’università Cattolica di Milano e Brescia, recentemente anche di una docenza per il master di psiconcologia della Cattolica di Roma, sede di Treviso. Le due opere principali più recenti edite da Erickson sono “Il colloquio con le persone in lutto” del 2012, e a fine 2020 “Di fronte all’inatteso. Per una cultura del cordoglio anticipatorio”.

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