Che gesto e che messaggio straordinario. Una donna che si alza in piedi contro un regime oppressivo, che canta senza hijab sfidando una delle forme più aberranti di controllo sociale e politico. Questo atto non è solo una ribellione personale, è il simbolo di una lotta collettiva: la battaglia per i diritti fondamentali e, soprattutto, per l’uguaglianza di genere.

Vedo spesso evocare, in contesti simili, il principio di autodeterminazione dei popoli. Ma c’è un limite invalicabile che la politica internazionale dovrebbe riconoscere e difendere con fermezza: la dignità umana. Quando l’autodeterminazione diventa un pretesto per comprimere, inibire o cancellare i diritti di una parte della popolazione – dalle donne, ai bambini, alle minoranze – smette di essere libertà e diventa oppressione.

È inaccettabile.

È inaccettabile ogni forma di regime, politico o religioso, che scelga di adottare sistemi in cui i diritti vengono negati, sviliti o calpestati. È altrettanto inaccettabile il silenzio della comunità internazionale e dell’ONU, che troppo spesso si limita a mascherare con la diplomazia un’ipocrisia mondiale. La Carta dei Diritti dell’Uomo non è negoziabile.

Penso che la politica, senza distinzione di partiti, colori o ideologie, dovrebbe avere il coraggio di unirsi. Ci sono battaglie che non hanno bandiere e non devono averne: combattere ogni forma di discriminazione e oppressione dovrebbe essere un dovere condiviso. Non possiamo permettere che l’uguaglianza di genere resti una chimera, un principio astratto da difendere solo a parole. Deve essere una pietra angolare su cui fondare ogni società civile.

E se anche la pazzia collettiva portasse un’intera nazione a credere nella soppressione dei diritti, l’ONU avrebbe non solo il diritto ma il dovere di intervenire, e di farlo con fermezza. Non ci possono essere compromessi su temi che riguardano la libertà e la dignità umana.

Quanto sta accadendo alle donne, ancora oggi, in questo millennio, è uno scandalo globale. Ogni nazione, ogni comunità, ogni singolo dovrebbe agire. E qui, nel nostro piccolo, sarebbe bello che il nostro comune, con tutti i partiti rappresentati, si muovesse compatto, in modo unitario, per dare un segnale forte e chiaro. Una voce unica, per dire che certe battaglie non hanno colore politico.

Perché i diritti, la libertà, la parità non sono opinioni. Sono il fondamento di una società che guarda al futuro con coraggio e con speranza.

Non possiamo voltarci dall’altra parte. Non possiamo restare in silenzio.

Tommaso Syrtariotis
Studente di giurisprudenza presso UniPd Membro del Gruppo giovani Marcon e Giovane Democratico

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