Chi l’avrebbe mai detto che il Capriolo sarebbe tornato a popolare le campagne di bassa pianura del Veneto dopo oltre mille anni. Penso proprio nessuno.
Anche perché, questo ungulato timido ed elusivo, è particolarmente delicato. Nel senso che, se viene catturato a fini di ripopolamento, lo stress dovuto alla cattura e al trasporto, determina un accumulo di acido lattico nei tessuti che può determinare la morte del soggetto.
Va detto che i Naturalisti friulani erano riusciti a restituire questa graziosa specie agli habitat di litorale e di pianura già da decenni. Ma va anche detto che il livello di urbanizzazione della bassa e media Pianura Friulana, così come la forma dell’insediamento, che non è puntiforme e sparso, bensì accentrato, avevano facilitato notevolmente la reintroduzione o lo spontaneo reinsediamento della specie.
Da noi, nel Veneto, dove i naturalisti sono rari assai più delle mosche bianche e contano assai meno, ci si è giunti più tardi e non senza un pizzico di azzardo. Nel senso che non era affatto scontato che l’operazione fosse coronata da successo, mentre è accaduto – potenza della Natura – che di successo essa ne abbia avuto persino troppo.
Ma veniamo alla storia breve della reintroduzione.
Verso la fine degli anni Novanta del secolo scorso, accadeva che la sola, piccola popolazione presente nella Pianura Veneta Orientale, fosse dislocata lungo l’asta inferiore del fiume Tagliamento. I boschi ripari di pioppeto-saliceto e i banchi di ghiaie del Tilaventum di pianura ospitavano una quindicina di individui di Capriolo.
Con questo presupposto, il ripopolamento dell’area costiera, con le sue pinete e le sue bonifiche ormai spopolate dai mezzadri, forse sarebbe avvenuto spontaneamente, ma altrettanto certamente in tempi medio lunghi. La Regione del Veneto, però, doveva farsi perdonare la mancata istituzione del Parco Naturale Regionale delle Laguna di Caorle e Bibione. Così, disponendo dell’isola di Valle Vecchia (850 ha affacciati al golfo alto Adriatico, con 150 ha di pineta, 100 di boschi di nuovo impianto e 600 di superfici a colture annuali e a zone umide) la stessa Regione, o meglio i tecnici dell’ente Veneto Agricoltura, hanno pensato bene di liberarvi alcuni individui della specie, acquistati in un’area protetta dell’Appennino emiliano. Questo accadeva nei primi anni Duemila.
L’operazione ha quindi avuto un successo insperato; nel senso che ora, a circa vent’anni di distanza, la presenza del Capriolo nella sola Valle Vecchia sembra aver raggiunto i 200 individui. E’ pertanto sufficiente visitare quel luogo e attardarsi qualche minuto dopo il tramonto del sole, per osservare i caprioli che sbucano magicamente dai boschi nell’ora blu, per pascolare tranquilli assieme alle oche selvatiche, sui medicai o sul grano giovane.
Uno spettacolo di grande fascino, che per una volta ci restituisce un’atmosfera d’altri tempi, quasi che, noi scimmie carnivore e predatrici, avessimo fatto pace con la fauna selvatica (!).
Ma le conseguenze di tanto successo non si sono limitate alla formazione di una popolazione riproduttiva della specie a Valle Vecchia. Esse, infatti, riguardano ormai l’intera bassa pianura tra il Marzenego e il Tagliamento, con almeno seicento caprioli diffusi nelle campagne, a piccoli nuclei, essendo la specie territoriale.
Non ci si stupisca dunque se un bel mattino ci si sveglia e si osserva un capriolo intento a brucare il nostro prezioso “prato inglese” in giardino. Anche perché questo significa che il prato inglese finalmente ha cessato di essere un deserto faunistico.
Ma non ci si stupisca neppure se, tra qualche anno – in realtà sta già accadendo – qualche lupo abbandoni le greggi prealpine al loro destino per scendere in pianura ad assaggiare i nostri caprioli.
Nutrie e caprioli, oltre a qualche cinghiale di tanto in tanto, sono assai apprezzati dal Lupo, che li ha opportunamente inseriti nel proprio menù specifico.
Infine un consiglio: prudenza. Prudenza nella guida, di notte, lungo le strade della campagna. Impattare con l’auto contro un capriolo che attraversa spaventato dai fari, non è precisamente un incidente che non lascia il segno, anche nel portafogli.