Il gruppo Volontari della Libertà di Mogliano dipendeva dalla “Brigata Treviso” al comando di Aldo Tognana e ne facevano parte fra gli altri: Carlo Pagnoscin, Igino Scattolin, Giuseppe Venturini, Giovanni Bellunato, Dorino Bruto, Baldo Cabrio, Dino Durante, Aldo Secco, Armando Stefani.
La brigata Treviso annoverava tra i propri aderenti Carlo Pagnoscin, partigiano cattolico, attivo animatore del gruppo Volontari della Libertà che operò a Mogliano Veneto negli anni della Resistenza.
Persona riservata che non amava esibirsi, la testimonianza del suo impegno in quel difficile periodo della nostra storia l’abbiamo appresa da un’intervista che Carlo rilasciò all’Eco di Mogliano, per lo speciale dedicato al quarantennale della Resistenza, curato da Lucio Carraro.
Così racconta: “Con Igino Scattolin e altri amici costituimmo a Mogliano Veneto il gruppo Volontari della Libertà che determinò la scelta dei cattolici contro il regime fascista. L’8 settembre 1943, ero militare dell’aeronautica militare a Padova, e già il 25 luglio di quell’anno percepimmo la crisi irreversibile del regime fascista. Non vi è dubbio che l’8 settembre rappresentò lo sfascio militare dell’Italia fascista, elemento che contribuì a far maturare una nuova coscienza. In quel periodo, assieme a Iginio Scattolin e ad altri amici cattolici cominciai a impegnarmi nella Resistenza con i Volontari della Libertà. Fu un contributo a lato della lotta armata, con azioni di collegamento, di propaganda antifascista, di disturbo e sabotaggio. Nei giorni che precedettero la liberazione avevamo avuto l’ordine di presidiare, girando armati, i punti chiave del nostro territorio, come i depositi di risorse alimentari. Ricordo il giorno in cui ci ritrovammo concentrati nei campi di “Segato” (Cestaro), c’erano tutte le brigate partigiane della zona. Nel primo pomeriggio i tedeschi avevano ucciso Barbiero e ferito Cocconcelli. Fu in quell’occasione che i tedeschi ci spararono da Villa Bianchi, all’altezza del Mulino Valerio sul Terraglio. Dopo il conflitto a fuoco rimanemmo in pochi, tra cui io, Caprioli e Fioron, nei campi di Campocroce per tutta la notte per poter scoprire qualcosa.”
Dopo la guerra Carlo Pagnoscin fu eletto consigliere comunale nelle file della Democrazia Cristiana svolgendo un’intensa attività politica, ricoprendo anche il ruolo di assessore dal 1956 al 1970. Morì l’11 marzo 1998.
Tra i fondatori del gruppo “Volontari della Libertà, vi erano anche Iginio Scattolin, partigiano cattolico, e Giuseppe Venturini. A Mogliano Veneto erano di stanza le “Brigate nere” della X flottiglia Mas e nelle ville erano alloggiati diversi comandi tedeschi; per questo le attività del gruppo consistevano in atti di sabotaggio e promuovendo un’intensa propaganda antifascista, con la distribuzione di volantini stampati clandestinamente e che incitavano alla resistenza.
Il gruppo Volontari della Libertà era anche attivamente impegnato a stampare carte di identità e documenti falsi per facilitare la fuga di partigiani o ebrei ricercati.
Famosa fu la beffa della sostituzione della targa della piazza di Mogliano Veneto. La piazza era stata intitolata a Vittorio Emanuele III, il regime fascista ne aveva cambiato il nome e intitolata a un commilitone delle “Brigate nere”. Nelle notti d’inverno tra il 1944 e il 1945, per ben cinque volte i partigiani riuscirono a sostituire la targa con nomi che incitavano alla speranza di un mondo migliore, come Piazza della Libertà, Piazza della Giustizia, Piazza della Concordia, Piazza della Pace. L’ultima targa fu “Piazza dei Caduti” che è quella rimasta.
Per molto tempo i protagonisti di queste “sostituzioni” rimasero ignoti, e solo molti anni dopo si seppe che quei partigiani altri non erano che Iginio Scattolin aiutato da Giuseppe Venturini, che lo teneva sulle sue spalle.
Giuseppe Venturini racconta un altro episodio curioso della sua vita di partigiano. In seguito ad una “soffiata” fu sorpreso in casa e catturato da un gruppo delle Brigate Nere. Fu portato a Venezia nelle carceri di Santa Maria Maggiore. La cattura si trasformò ben presto in una beffa. Lasciato solo in una stanza, si accorse che la porta non era chiusa a chiave, con prontezza di spirito, la aprì, percorse rapidamente il corridoio, usci senza che il piantone si accorgesse di nulla, riuscì a fuggire e si rifugiò a casa di una sua zia a San Rocco.
Inoltre, va ricordato che per sfuggire alla cattura in quanto renitente alla leva militare, Venturini si nascose per un periodo a casa di Modesto Zanetti e per un altro a casa di Pietro Falcon.