Lo scorso 29 aprile si è tenuto un consiglio di istituto per l’IC1 Mandela. All’ordine del giorno abbiamo inserito una valutazione su quest’anno scolastico che si avvia ormai alla sua conclusione; una valutazione per capire cosa è stato, come si è arrivati fino a maggio e che aria si è respirata.
Mentre arrivavano i preziosi contributi dei genitori delle varie scuole dell’istituto ho ripensato all’estate dello scorso anno, al lavoro che era stato fatto per permettere una didattica in presenza. Ripensando mi sono chiesta se ci sia mai stata piena consapevolezza della fatica fisica e mentale che l’attivazione della didattica in presenza ha comportato nell’anno del Covid.
Dopo lo tsunami di marzo 2020, un evento che leggeremo nei libri di storia fra qualche anno, tutti ci siamo trovati concordi nel valutare la DAD come uno strumento tampone in termini didattica che non potrà mai e poi mai sostituire la didattica in presenza.
Questa considerazione ci ha portato ad investire ogni singola risorsa, mentale, fisica, economica per una didattica in presenza. Mentre la consapevolezza di noi cittadini sul Covid andava definendosi (non era ancora quella di ora, ero solo l’inizio di un lungo percorso) nell’estate del 2020 tutte le aule delle nostre scuole sono state fisicamente svuotate.
Sono stati rimossi armadi, cattedre, pensili; in classe sono rimasti solo i banchi e le sedie. Sono state misurate tutte le singole aule, tutti i banchi (perché forse nessuno di noi lo sa ma i banchi comprati nel tempo hanno misure diverse) sono stati riallocati i banchi per singola classe, definito le misure per singola postazione e ipotizzato una numerica di alunni, in base alle misure di ogni singola aula come da protocollo Covid dettato dal MIUR e dai vari uffici scolastici. Fisicamente il personale ATA e i docenti hanno di fatto ribaltato tutte le singole scuole e posto le basi per nuove classi che prevedevano distanze ben precise.
Sono state sacrificate tutte le aule laboratoriali che da sempre hanno connotato il nostro istituto, le aule di arte, le biblioteche, le aule musicali, le aule di scienze, tecnologia. Il compromesso accettato è stato altissimo: non è infatti questa l’offerta formativa che avremmo voluto per i nostri figli e per la quale ci spendiamo quotidianamente. Alla luce però di quello che accadeva intorno a noi siamo stati unanimemente concordi nell’accettare questa mediazione emotivamente ingombrante per tonare a scuola, per tornare a alla relazione, al crescere e all’imparare guardandosi negli occhi.
E’ partita poi una trattativa estenuante con l’ufficio scolastico per ottenere il personale ATA e docente necessario all’aumento delle classi, trattativa mai conclusa e più volte riattivata per coprire le risorse necessarie per fare scuola. Eppure il 14/09/2020 siamo partiti. Non eravamo perfetti ma eravamo ai blocchi di partenza e con tanti timori, molte speranze siamo partiti… Tutti, in presenza.
Nel mentre i casi di contagio erano in aumento, l’estate era stata davvero molto baldanzosa e anche chi come me aveva lavorato instancabilmente alla riapertura non immaginava scenari rosei. Avrei scommesso su un paio di mesi in presenza, non di più. E invece…
Siamo arrivati a maggio con sole 3 settimane di didattica a distanza. Nel mesi estivi e nelle prime settimane di scuola sono stati attivati faticosamente processi che in diversi anni non erano stati raggiunti.
Tutte le famiglie sono state abilitate nel registro elettronico fondamentale per la circolazione delle comunicazioni scuola famiglia; fino a settembre 2020 solo le classi della scuola media usufruivano di tale possibilità e comunque non nella sua totalità perché alcuni docenti non lo utilizzavano. Tutti gli alunni hanno ricevuto le credenziali per l’accesso alla piattaforma digitale per l’eventuale attivazione della DAD, Sono stati formulati piani di lavoro attivati tutti i protocolli di sicurezza Covid e abbiamo continuato a marciare in presenza anche a novembre quando tutte le superiori chiudevano, i contagi aumentavano e noi eravamo ancora li. Molti insegnanti si sono reinventati laboratori attivati in passato a classe aperti in modalità di classe singola. C’è la stata la giornata del calzino spaiato, simbolo di diversità, la giornata della memoria, quella di Arte, i percorsi continuità solo per citarne qualcuno.
Quando a marzo siamo diventati zona rossa e tutte le scuole sono state chiuse con conseguente attivazione della DAD nessuno di noi pensava sarebbe stato più possibile, eravamo ormai abituati alla nuova normalità. Le scuole sono state chiuse e abbiamo attivato la DAD senza alcun caso di contagio nel nostro istituto, senza alcuna classe in quarantena senza alcuna tampone da fare.
La DAD è partita tempestivamente: il lunedì mattina tutti i 1500 alunni erano collegati alla piattaforma, era stato definito il calendario delle lezioni, tutto si è svolto senza nessuna difficoltà. Sono stati distribuiti i 100 e più tablet acquistati dalla scuola o donati dalle varie associazioni del territorio agli alunni che non ne disponevano o ne necessitavano data la numerica di ragazzi in casa che fruivano di tali strumenti. Sono stati attivati i percorsi in presenza per le casistiche previste dalla legge.
I riscontri delle famiglie che sono arrivati in questi giorni evidenziano ancora qualche processo da migliorare nella sua attivazione e tempestività, ma sono tutti concordi nell’evidenziare un cambio di passo importante, una scuola che ha saputo far fronte egregiamente alle difficoltà del momento e che non si è mai fermata. Ovunque e trasversalmente c’è stato un riconoscimento di tutto il lavoro fatto, ed è emersa una gratitudine verso i tanti insegnanti che hanno animato le lezioni digitali e in presenza e verso l’instancabile lavoro della direzione scolastica. Un encomio particolare e davvero emozionante è andato alle insegnanti della scuola materna che durante la DAD inventandosi di tutto di più hanno fatto scuola ai piccolissimi
Chi avrebbe scommesso su tutto ciò a settembre?
Nessuno! Io per prima ho sempre avuto la convinzione che saremmo stati catapultati nella DAD già ad ottobre.
E invece… invece siamo arrivati fino qui. La strada da fare è ancora lunghissima per tornare alla scuola delle classi aperte, dei percorsi multiculturali, dei laboratori espressivi, delle gite, dei concerti, degli scambi culturali, dell’orto scolastico, del coro, dello scambio dei libri in biblioteca, delle letture ad alta voce … l’orizzonte però si presenta decisamente più roseo di quello della scorsa estate. Non ne sono mai stata più convinta.