A Mogliano Veneto abbiamo un nuovo amico, ma non so se è una buona notizia. L’altro giorno, passeggiando al solito sugli argini, ho visto un paio di cicogne, le distingui bene dal piumaggio bianco e nero, grandi e volano in modo diverso dagli aironi. Fotografo con un teleobiettivo anteguerra e che pesa come un bazooka. Sono due, si alzano, volano basse ma hanno un becco diverso, adunco e nero che non ho mai visto. Sono impressionato e telefono subito a R.DZ, il mio ornitologo di famiglia. Gli descrivo il volatile, non si fida delle mie descrizioni e chiede le foto.
Gliele mando, aspetto ansioso. Magari è una nuova specie di airone, gli daranno il mio nome e Licia Colò mi inviterà al suo programma. “Complimenti vecio, hai beccato due esemplari di Ibis sacro. Non ti emozionare, si stanno diffondendo, poi ti mando la scheda. A proposito quando ti compri un tele decente?”
Bene. Con orgoglio vi presento il mio nuovo amico: l’Ibis sacro. È una bella storia ma con un finale che potrebbe sorprenderci. Il bellissimo Ibis, corpo bianco, punta delle ali testa e becco neri, era considerato sacro al dio Toth dagli egiziani antichi che lo amavano mentre quelli moderni lo amano un po’ meno tanto che sulle rive del Nilo lo hanno completamente sterminato. L’Ibis però sopravvive in Europa, in cattività nelle voliere e probabilmente dalla Francia meridionale è scappato verso la libertà e verso le grasse pianure nostrane, prima in Piemonte arrivando poi nel nostro ubertoso Veneto. Una bella colonia è ormai fissa alla Giudecca e frequenta altre zone della laguna. Da un po’ di mesi si moltiplicano gli avvistamenti nei nostri campi, prima nelle cave di Gaggio e adesso un po’ ovunque e pure, dove li ho malamente fotografati, vicino all’argine dello Zero a Campocroce. Perché potrebbe non essere una buona notizia? Perché al di là della sua rocambolesca fuga dalla Francia la presenza dell’Ibis è un altro segno di questa confusa mutazione climatica. Una specie si sposta perché si acclimata più facilmente, come ad esempio a Lio Grando i fenicotteri rosa. Mi ricordo da piccolo che nei documentari si vedevano, tutti appiccicati, solo negli stagni sardi poi sono saliti fino al delta del Po e ora da noi in Val Grassabò ne trovi un’infinità.
E i cormorani dove li mettiamo? Ne vedo un sacco passare bislunghi e neri a pelo d’acqua, liberi dalla concorrenza dei gabbiani ormai troppo pasciuti dalla nostra spazzatura. Preferisco non dire niente dei passeri eliminati dai nostri antiparassitari.
Ma torniamo al nostro elegante ed inquietante Ibis sacro. Ci abitueremo mai a lui? Diventerà una consuetudine vederlo aggirarsi tra i rifiuti senza più il suo fascino esotico e misterioso? Probabilmente sì. Però intanto, forse incoscienti ma per rispetto al dio Toth, gli diamo il benvenuto mentre stormi di cornacchie grigie e gazze malevole lo guardano storto.