Ogni qual volta ritorno nella mia cara Venezia, “Mia Patria Diletta” …mi chiedo:

Si può ridurre il moto ondoso a Venezia?

Dalle esperienze vissute durante i miei 80 anni di vita e dalle dissertazioni e scambi di idee con il mio fratello maggiore Bruno che, nella sua lunga, intensa ed eclettica vita professionale, ha avuto un rapporto con la navigazione lagunare a 360 gradi, ho attinto delle riflessioni che vorrei far conoscere, in questo tragico momento di pandemia alla quale, al di là del male che ci ha e ci sta recando, va riconosciuto il merito di averci fatto riscoprire la bellezza di una “Laguna a specchio”, di acque trasparenti e placide, così come le poterono ammirare i nostri antenati e così come furono immortalate dal Canaletto.

Nell’intento di stimolare la curiosità del lettore, ho simulato l’intervista ad un illustre esperto di navigazione e di costruzioni navali, da parte di un altrettanto fantomatico giornalista.

Maestro … innanzi tutto voglio ringraziarLa per aver accettato il mio invito. Era da oltre un anno che cercavo un contatto con Lei.  Ormai disperavo di poterLa incontrare e invece eccomi in Sua compagnia…. Spero non se ne dovrà dolere. Lei immagina quale sarà l’argomento della nostra conversazione?

– Posso provare ad indovinare?

Mi trovo in presenza di un giornalista innamorato della Città e della sua Laguna e visto quali sono le mie conoscenze, presumo che Lei mi porrà quesiti che riguardano la navigazione…  Ho indovinato?

– Centrato in pieno! Navigazione nel Centro Storico e nella Laguna in generale. Siamo ormai molto vicini al collasso: c’è bisogno urgente di provvedimenti pregni di oggettiva genialità che possano incontrare il consenso dei cittadini veneziani e di quanti hanno a cuore la sopravvivenza di Venezia che rischia di scomparire prematuramente soprattutto a causa di un inutile e dannoso eccesso di motorizzazione.

Le amministrazioni succedutesi dal dopoguerra ad oggi, si sono limitate ad imporre limiti di velocità, senza ottenere alcun apprezzabile risultato.  Siamo ancora in una situazione di grave rischio…. Secondo Lei, Maestro, ci sono soluzioni alternative ad un drastico ritorno ai remi e alle vele?

– Certamente!

Mi perdoni se la risposta non sarà concisa. A rischio di risultare noioso, dovrò introdurre una serie di considerazioni.

Partiamo dalla velocità.  In un contesto di spostamenti su terra ferma, possiamo parlare di valori assoluti di velocità, in quanto i mezzi si muovono dal punto “A” al punto “B” fermi rispetto alla terra. Quando invece parliamo di navigazione, abbiamo due velocità: una relativa a punti fermi sulla terra ed una relativa all’acqua che a sua volta è  in movimento. Con una velocità di marea di 2 km/h, se uno scafo procedesse nella stessa direzione della corrente, ad una velocità di 5 km/h, misurata da terra, rileveremmo una velocità di ben 7 km/h.  Se invece con lo stesso mezzo ed alla stessa velocità, ci si dirigesse in direzione opposta alla corrente, la velocità misurata da terra risulterebbe di soli 3 Km/h, mentre l’entità del moto ondoso prodotto, sarebbe la stessa in entrambi i casi.  Allora, se il nostro obbiettivo è ridurre quest’ultimo, la velocità dei natanti andrà sempre misurata relativamente alla massa d’acqua ed al suo relativo movimento.

Oggi l’elettronica offre un’infinità di strumenti in grado di rilevare la velocità di un mezzo in movimento istante per istante, con sufficiente precisione, che potrebbe essere segnalata da un display visibile a distanza.  Inoltre, nell’eventuale verificarsi del superamento di un limite prestabilito, interverrebbe un segnale acustico di tono sempre più alto, allo scorrere dei secondi.

Geniale! Un simile strumento potrebbe costituire un ottimo deterrente se applicato sopratutto ai mezzi meno performanti dal punto di vista del contenimento del moto ondoso…

-Certamente!  A questo punto è doveroso fare un distinguo tra le varie tipologie di imbarcazioni, in quanto il moto ondoso prodotto da un mezzo, pur dipendendo prevalentemente dalla velocità con cui si sposta, ha inoltre nel dislocamento e nella forma di carena, due importanti fattori che condizionano la magnitudo dell’onda.  Un’imbarcazione con alto “coefficiente di finezza”, a parità di velocità e peso, produrrà un’onda di gran lunga inferiore ad un’altra di profilo tozzo.   La resistenza al moto opposta dall’acqua è tanto più bassa quanto è maggiore il rapporto lunghezza/larghezza, ovvero “finezza.” Pertanto, intervenendo su detto rapporto, potremmo ottenere buone velocità con poca potenza. Quindi, se il nostro obiettivo è ridurre il moto ondoso, bisognerà incentivare la costruzione di imbarcazioni ad alto coefficiente di finezza con precisi limiti della potenza del motore applicato.  E qui azzardo ipotizzare una formula possibile:

La potenza del motore installabile in una imbarcazione, è data dalla lunghezza del mezzo, diviso la sua larghezza, moltiplicato per il carico utile trasportabile espresso in quintali e il tutto diviso 15, più il doppio del coefficiente di finezza espresso in numero decimale.  Praticamente un “topo” lungo 10 metri, largo 2 metri, con portata di 30 quintali, potrebbe montare motori fino a 20 CV circa, mentre un altro di pari portata, di larghezza 1,60 metri, lungo 12 metri, potrebbe montare motori fino alla potenza di circa 30 CV. A parità di moto ondoso prodotto, il secondo sarebbe sensibilmente più veloce. Potremmo proporne altre di formule altrettanto semplici e valide, purché a potenze maggiori corrisponda sempre un più alto coefficiente di finezza.  Invece nelle tipiche imbarcazioni minori, comunemente destinate al diporto, con portata inferiore ai 10 quintali, si potrebbe concedere di montare motori di tanti HP quanti sono i metri di lunghezza.

I veneziani più anziani, ricorderanno le “caorline da muratore” lunghe una dozzina di metri, capaci di trasportare carichi di 30 – 40 quintali, che negli anni 50 solcavano indisturbate il Canal Grande, spinte a volte dal generoso e robusto fuoribordo costruito dalla PIAGGIO denominato “MOSCONE” che erogava appena 4HP. Detto motore montava un’elica con pale di superficie ragguardevole e piccolo passo.  Oggi mi chiedo quali siano i motivi che spingono gli “armatori” all’attuale paradossale competizione, a chi monta il motore più potente, quando alla luce dei fatti si naviga in spazi d’acqua ristretti, in cui da decenni vengono imposti limiti di velocità così bassi da risultare a volte inferiori alle stesse velocità facilmente raggiungibili con la sola spinta dei remi.

La limitazione della potenza installabile, nei mezzi più pesanti, suggerirebbe inoltre l’adozione di eliche così dette da “traino” che ridurrebbero molto la caratteristica onda di poppa.

A seguito di quanto sopraesposto più in generale avremmo: un incremento di imbarcazioni a profilo filante, minor moto ondoso, maggiore velocità, minor consumo di carburanti, minor inquinamento, minori costi di manutenzione. Inoltre, la riduzione del moto ondoso, favorirebbe il ritorno all’uso delle piccole imbarcazioni a remi e vela al terzo, la cui navigazione oggi è un azzardo, per l’alto rischio di affondamento.

– Ma non crede che l’introduzione di simili regole possa danneggiare in qualche modo i cittadini?

– No! Anzi ne sarebbero avvantaggiati, perché le imbarcazioni oggi, capaci di esprimere alte velocità a spese di grande potenza installata, in quanto produttrici di notevole moto ondoso, sono di fatto “fuori legge”, o meglio, sono nel mirino degli agenti di Polizia Urbana, dei Carabinieri, della Marina di Finanza, della Polizia di Stato, della Capitaneria di Porto e quant’altro; pertanto, dispongono di un surplus di potenza inutilizzabile.  Ma purtroppo in assenza di limiti imposti, assistiamo ad un’escalation dell’installazione di motori sempre più potenti.

Quanto costa alla società, l’inarrestabile degrado di un patrimonio artistico e naturale, unico al mondo, che tutti i popoli ci invidiano?  Quanto inquinamento atmosferico, acustico, biologico, ci potremmo risparmiare con una adeguata regolamentazione della navigazione e dei mezzi per praticarla?  Non posso accettare che nel XXI secolo si possano avere ancora delle perplessità davanti a scelte obbligate: provvedimenti che, se adottati, potrebbero contribuire non poco alla sopravvivenza di VENEZIA.

Forse, riproponendo le tipiche imbarcazioni in uso nell’immediato dopoguerra, adattate al progresso tecnologico, consentendo motorizzazioni adeguate ai limiti di velocità attualmente imposti…  saremmo ricordati per aver allungato l’aspettativa di vita di questa meravigliosa città, unica al mondo.

-Al di fuori della cantieristica locale, nel mercato viene offerta una vasta gamma di prodotti progettati per una navigazione in mare aperto dove non è imposto alcun limite di velocità. Questo tipo di imbarcazioni purtroppo, quando entrano in Laguna costituiscono una minaccia per  la Città perché, progettate per planare, a basse velocità imposte inferiori ai  20 Km/h, producono a poppa  onde devastanti.

Si! Direi che per l’immediato dovremmo consentire la navigazione di questo tipo di scafi esclusivamente nei percorsi che definirei “marittimi” meglio conosciuti come “canali delle navi”.  In seguito, dopo aver realizzato nuovi porticcioli di accoglienza, per esempio davanti alle rispettive bocche di porto, adiacenti alle isole di Certosa e di Poveglia, potremmo interdire l’accesso alle acque interne a tutti i tipi d’imbarcazione che non rispettino le caratteristiche stabilite dalla nuova normativa.

Anche gli attuali motoscafi adibiti al trasporto pubblico (taxi) sono tra i principali responsabili dell’eccessivo moto ondoso. Come, secondo Lei, potrebbe essere risolto il problema?

Mi corre l’obbligo ricordare che, fine anni 50, i taxi, costruiti interamente in legno con lunghezza intorno ai 9 metri e capacità di trasporto 18/20 passeggeri, montavano motori di potenza intorno ai 100 CV. Oggi con pressoché le stesse dimensioni montano motori che superano largamente i 200 CV. Il fatto risulta paradossale in quanto all’epoca non c’erano limiti di velocità nei percorsi fuori dal Centro Storico, a differenza di oggi che la massima velocità consentita è di 20 Kmh.

Nell’immediato, introdurrei l’obbligo di installare gli strumenti elettronici di controllo della velocità, di cui abbiamo più sopra parlato: mentre a lungo termine si potrebbe provvedere al riassetto di tutto il comparto, che potrebbe introdurre una nuova categoria, progettata per percorsi all’interno del centro storico, idonea al trasporto di 8-10 persone, spinta da motore elettrico alimentato da batterie a ricarica integrata da pannelli solari.  Una seconda categoria di scafi per il trasporto di non più di 25 persone che conservi le linee tradizionali ed infine una terza categoria a portata libera ma con carena a poliscafi.

-Perdoni la mia incompetenza, vorrebbe per cortesia spiegare il significato del termine: poliscafi?

Comprendo il Suo imbarazzo: sono meglio conosciuti con il nome di CATAMARANO e TRIMARANO, che in questi ultimi anni hanno avuto notevoli applicazioni anche nel trasporto marittimo maggiore e in particolare recentemente sono state costruite con queste particolari carene, alcune navi da guerra, grazie alle alte velocità raggiungibili, con risparmi energetici che raggiungono valori ragguardevoli.  Potremmo impiegarli nelle linee del Canal Grande e delle altre a servizio delle isole. Inoltre, un ulteriore notevole abbattimento del moto ondoso si potrebbe ottenere con l’introduzione di organi di spinta innovativi, in sostituzione delle attuali tradizionali eliche.

Cito, ad esempio, il progetto di motoscafo Taxi del 1989, presentato ad un concorso internazionale dal compianto “Architetto del Mare” Carlo Sciarelli, triestino, insignito di laurea honoris causa, nel marzo 2003 all’Università di Venezia: presentava le linee classiche dei taxi dell’epoca, un dislocamento medio di circa 3 tonnellate ed era spinto da eliche intubate che, cito l’autore: “bevono l’acqua al loro interno e la risputano fuori a poppa”. Con una velocità di lavoro fino a circa 9 nodi, questo tipo di taxi non produrrebbe onda alcuna.  Il progetto è largamente illustrato nella pubblicazione edita da “Comunicarte Edizioni” Trieste, dal titolo “Carlo Sciarelli Architetto del Mare” a cura di Guglielmo Danelon, finito di stampare nel settembre 2008.

Per le imbarcazioni più leggere, tradizionalmente spinte a remi, potremmo, come nelle biciclette, applicare un piccolo motore elettrico alimentato a batteria che agiti a poppa delle speciali pinne.… avremmo così introdotto la “Voga alla Veneta Assistita” ….

– Le chiedo ora un giudizio come cittadino del mondo: crede che i provvedimenti da Lei suggeriti siano realizzabili in un prossimo futuro?

– Se rivolgo uno sguardo al passato remoto, a come si viveva a Venezia negli anni 50, e lo confronto con lo stato attuale, mi sento di affermare: “Ora o mai più!!!…”, perché infondo, a causa di questa esasperata motorizzazione senza limiti e dei tanti problemi connessi, la sicurezza della navigazione non è mai stata così compromessa.   Un chiaro messaggio del disagio vissuto dalla popolazione, ci è offerto dal rinnovato entusiasmo con cui viene accolta, fin dalla sua prima edizione, la manifestazione della “VOGA LONGA”. Questo eccezionale spettacolo ci restituisce, seppur per una sola giornata all’anno, il massimo splendore del paesaggio lagunare e in particolare ci fa riscoprire il sentimentale rapporto della città con i suoi abitanti.

Alcuni dei provvedimenti fin qui citati potranno avere applicazione solo a lungo termine ma  non c’è tempo da perdere, la politica deve trovare il coraggio di adottare da subito  quelli imponibili a basso impatto economico e poi gradualmente tutti gli altri, prima che la stessa stabilità dei monumentali palazzi venga meno: ancora qualche decennio e cominceranno a crollare perché l’incessante moto ondoso continua a sottrarre, da sotto le costruzioni il fango  la cui presenza è indispensabile per impedire la putrefazione del sistema di palafitte in legno su cui si reggono.  Nessun amministratore, se un giorno dovessimo ricevere la drammatica notizia del crollo di una di queste meravigliose creazioni del genio umano, potrebbe negare le proprie responsabilità… E poi, che cos’è la Laguna, se non un’infinitesima parte delle acque navigabili italiane?  Misura appena una cinquantina di chilometri in lunghezza, una dozzina in larghezza e si regge su di un ecosistema di estrema fragilità.  Di fronte ad un simile patrimonio ambientale, storico, culturale ed artistico, non vedo come si possa ancora ritardare la necessaria riformulazione delle norme che regolamentano la navigazione a salvaguardia di tale unicità, ormai universalmente riconosciuta….

– Direi di fermarci qui, Maestro. La sorprendente semplicità delle Sue proposte mi ha colpito e auspico che questo messaggio arrivi forte e chiaro al cuore degli uomini di buona volontà che amano sinceramente questa “GEMMA PREZIOSA” che vorremmo sapere salva per molti secoli ancora. Auspico che gli interventi siano tempestivi, in tempo per scongiurare il crollo, da Lei ipotizzato, di un qualche palazzo del Canal Grande.

Mi conceda di aggiungere ancora un paio di osservazioni che mi stanno particolarmente a cuore.  I mezzi di trasporto che partono dall’Isola del Tronchetto e da altri parcheggi di “gronda” (Fusina, San Giuliano), a mio modesto avviso, dovrebbero sbarcare i loro passeggeri, per esempio esclusivamente ai giardini della Biennale (via Garibaldi) e, ad un terminal da posizionare nel quartiere di San Pietro di Castello. Così finalmente parte dei flussi turistici diretti a P.zza San Marco attraverserebbero uno dei più tipici sestieri di Venezia la cui conoscenza è oggi negata ai più.

Grazie per avermi offerto l’occasione di esporre queste mie riflessioni.

Ringrazio Tutti Coloro che avranno avuto la compiacenza di leggere fino alla fine questo mio modestissimo contributo di idee, redatto dalla maldestra penna di un anziano laureatosi in “ignoranza” all’Università della Vita Quotidiana.

A disposizione per qualsiasi approfondimento.

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